Sbarco a Vibo, ragazzo di Gaza: 'Ho visto troppi bimbi morire'
La storia di un giovane ragazzo palestinese che ha cercato di sfuggire agli orrori di Gaza è una testimonianza di coraggio, speranza e dolore. Questo ragazzo, che ha recentemente raggiunto il porto di Vibo Valentia a bordo della nave Life Support di Emergency, è uno dei tanti migranti che hanno affrontato il pericolo del Mediterraneo in cerca di una vita migliore. La sua narrazione racconta di un viaggio segnato dalla sofferenza e dalla paura, ma anche dalla determinazione di riuscire a superare le difficoltà e, soprattutto, di non dimenticare la propria terra.
La guerra a Gaza: la morte e la disperazione
"Alla terza volta che ho provato a partire, non volevo più farlo", ha raccontato il ragazzo. "Ho visto troppe persone innocenti morire a Gaza, troppe donne e bambini. Non volevo vedere altri bambini morire davanti a me in mare." Le sue parole raccontano la disperazione di chi, come tanti altri palestinesi, è costretto a vivere in una zona di guerra, dove la morte e la violenza sembrano diventare la normalità. Gaza, per lui, non è solo un luogo, ma è la sua casa, la sua infanzia, la sua famiglia. Tuttavia, la guerra e le distruzioni hanno reso impossibile continuare a vivere lì. Ogni giorno porta con sé nuove atrocità e la paura di non farcela, di non sopravvivere. La sua decisione di partire non è stata facile, ma alla fine ha scelto di rischiare. Dopo aver visto troppe tragedie e aver perso suo padre nell'ottobre del 2023, la sua vita non ha avuto più pace. "Gaza è la mia terra, non la dimenticherò mai", ha detto, con un misto di tristezza e orgoglio. Per lui, partire significava affrontare l'incertezza, ma anche dare una possibilità alla sua famiglia, che non aveva più nulla e si trovava intrappolata in un territorio devastato dalla guerra.
La fuga da Gaza: un cammino di speranza
Il ragazzo proviene dalla città vecchia di Gaza, una delle zone più colpite dal conflitto. Dopo aver perso il padre, ha deciso di fuggire, passando da Rafah, al confine con l'Egitto, e attraversando il deserto del Sinai. La sua destinazione era sconosciuta: non sapeva dove andare, ma sapeva che doveva andarsene da Gaza per cercare una via di fuga dalla violenza. La sua partenza è stata segnata dall'incertezza e dalla paura, ma anche dalla speranza di trovare una vita migliore, lontano dalla guerra. Per quattro mesi, ha vissuto al Cairo, dove aveva studiato all'università. La città egiziana rappresentava per lui una sorta di rifugio temporaneo, ma non bastava a cancellare il dolore e la nostalgia per la sua terra. Da lì, ha tentato di proseguire il suo viaggio, cercando di raggiungere l'Europa. "Non sapevo come farlo, ma dovevo cercare una soluzione", ha detto, raccontando come abbia deciso di prendere un aereo per Bengasi, in Libia, sfruttando il suo passaporto palestinese. Questo passaporto gli permetteva di viaggiare senza dover attraversare il deserto, ma nonostante ciò, la sua odissea era appena iniziata.
La difficoltà nel raggiungere l'Europa
Arrivato in Libia, il ragazzo ha scoperto che la sua situazione non era affatto facile. Sebbene avesse sperato di ottenere un visto per la Turchia, la sua richiesta è stata respinta. Allo stesso modo, anche altri paesi europei come l'Irlanda e l'Olanda hanno rifiutato la sua domanda di asilo. Di fronte a queste porte chiuse, l'unica opzione rimasta era quella di attraversare il Mediterraneo, una delle rotte più pericolose per i migranti. La Libia è diventata così il punto di partenza per un viaggio incerto. Il ragazzo ha tentato per ben due volte di attraversare il mare, ma entrambe le volte è stato intercettato dalle autorità libiche, riportato indietro e imprigionato. La paura di morire in mare, di essere respinto e di perdere la vita lungo il cammino, era sempre presente. Eppure, il ragazzo non si è mai arreso, spinto dalla determinazione di arrivare in Europa e poter finalmente ricongiungersi con suo fratello in Belgio, dove sperava di poter lavorare e aiutare la sua famiglia a fuggire da Gaza.
Il salvataggio da parte di Emergency
Finalmente, il ragazzo è riuscito a imbarcarsi sulla nave Life Support, una delle imbarcazioni di soccorso che opera nel Mediterraneo centrale. Il salvataggio è avvenuto nelle acque internazionali della zona SAR (Search and Rescue) maltese, dove 75 persone, tra cui il ragazzo, sono state tratte in salvo. La nave di Emergency, un'ONG che fornisce soccorso a migranti e rifugiati, ha rappresentato per lui una speranza di salvezza. Il comandante della nave, Domenico Pugliese, ha raccontato che lo sbarco a Vibo Valentia è stato "regolare" e che le autorità locali hanno fornito supporto durante le operazioni. "Questa è stata la prima volta che abbiamo avuto accesso a un porto non lontano dalla zona operativa", ha aggiunto, sottolineando l'importanza del soccorso in un contesto di emergenza così complesso. Durante la navigazione verso Vibo Valentia, il medico Elena Mari ha monitorato le condizioni di salute dei migranti soccorsi. La maggior parte delle persone a bordo, inclusi il ragazzo palestinese e gli altri 74 migranti, erano in condizioni stabili, sebbene alcuni abbiano sofferto di mal di mare, disidratazione e lesioni cutanee. Nonostante il viaggio difficile e le difficoltà fisiche, tutti erano vivi, e questo, per il ragazzo, era già un miracolo.
L'incontro con gli altri migranti
A bordo della Life Support, il ragazzo ha incontrato altri migranti provenienti da contesti diversi, ognuno con la propria storia di sofferenza e speranza. Tra loro c'era un giovane eritreo che, come molti altri, ha cercato di fuggire dal suo paese per evitare di essere arruolato nell'esercito. Il ragazzo eritreo ha raccontato di aver tentato la traversata del Mediterraneo ben quattro volte. In uno di questi tentativi, la barca su cui viaggiava si è capovolta, ma è riuscito a salvarsi nuotando verso la Libia, dove è stato costretto a vivere per un altro anno. La sua storia, come quella del ragazzo palestinese, è il riflesso di un viaggio di speranza ma anche di sofferenza. Entrambi sono riusciti a sfuggire alla morte, ma il loro cammino non è ancora finito. Il sogno di raggiungere l'Europa, di costruirsi una vita migliore, rimane il motore che spinge questi giovani a rischiare tutto, nonostante le terribili difficoltà che affrontano.
La speranza di un futuro migliore
Arrivato finalmente in Italia, il ragazzo palestinese è pronto a intraprendere un nuovo capitolo della sua vita. Il suo obiettivo è raggiungere il fratello in Belgio, dove spera di poter lavorare e contribuire a sostenere la sua famiglia. Nonostante tutto quello che ha passato, il ragazzo conserva ancora la speranza di poter ricostruire una vita lontano dalla guerra e dalla distruzione che ha segnato la sua infanzia. Ma, come lui stesso ha detto, "Gaza non la dimenticherò mai". La sua terra, la sua famiglia, il suo passato rimarranno sempre nel suo cuore, anche se il futuro si costruirà altrove. Il viaggio di questo giovane ragazzo è solo uno dei tanti che si intrecciano nel Mediterraneo, un mare che è diventato simbolo di sofferenza, ma anche di speranza. Ogni persona che riesce a sopravvivere e a raggiungere le coste sicure è una vittoria contro la morte, ma il cammino per una vita migliore è lungo e difficile. La speranza è l'ultima a morire, e per il ragazzo palestinese, come per tanti altri, la ricerca di un futuro migliore non si ferma mai.
sbarco Vibo