Calabria in scena: Varì e Calabrese tra vetri fumé e lavoro immaginario
La Cittadella di Catanzaro, trasformata per l’occasione in un elegante teatro dell’assurdo

Varì e Calabrese sono i finalisti indiscussi del nuovo talent istituzionale “A chi la spara più grossa”. Il palco? La Cittadella di Catanzaro, trasformata per l’occasione in un elegante teatro dell’assurdo. In platea, una giuria popolare composta da cittadini calabresi divisi tra lo scetticismo e la rassegnazione. In palio, l’ambitissimo trofeo del “Discorso più altisonante scollegato dalla realtà”. E bisogna dirlo: entrambi i contendenti sono in forma smagliante.
Vetri fumè
Rosario Varì, assessore allo Sviluppo economico, ha aperto le danze nel ruolo di protagonista ispirato. Durante la Giornata della Trasparenza, ha definito la sede della Regione Calabria come “un Palazzo di Vetro”. Un’immagine poetica, certo, ma anche profondamente fuorviante. Perché più che vetro, quello della Regione sembra fumo: vetri fumé dietro cui si intravede ben poco. Altro che trasparenza. Chi prova a capire come vengono spesi i fondi, a consultare dati pubblici o a ottenere risposte certe da uffici imperscrutabili, scopre presto che la realtà è molto più opaca della metafora.“La trasparenza non è un obbligo, è un’opportunità”, ha scandito Varì, lanciandosi in una performance da standing ovation tra “fiducia”, “efficienza”, “innovazione” e “modello di riferimento”. Parole che brillano come riflettori, ma che non illuminano nulla. Perché mentre sul palco si recita il copione della Calabria che innova, dietro le quinte la pubblica amministrazione resta lenta, inaccessibile e scollegata dalla vita dei cittadini.
Calabrese, l’altro attore in scena
Ma Varì non è l’unico attore in scena. Dall’altra parte del sipario arriva Giovanni Calabrese, assessore al Lavoro, pronto a recitare la sua parte in questa grande rappresentazione del possibile. Forte della firma di un protocollo con Unindustria Calabria, promette un nuovo rinascimento occupazionale fatto di orientamento, formazione, monitoraggio, e naturalmente “politiche attive”. Il copione è ricco, le promesse abbondano. Peccato che fuori dal teatro, la disoccupazione giovanile resti una delle più alte d’Europa e la fuga dei talenti verso il nord continui inesorabile. Calabrese, nel ruolo del coach motivazionale, si rivolge agli studenti con l’energia di un Ted Talk: “Vi prepareremo al futuro, vi porteremo dentro il mondo delle imprese”. Ma nella vita reale, le imprese lottano per sopravvivere tra infrastrutture carenti, burocrazia asfissiante e mancanza di supporto. E i giovani, quelli veri, non quelli delle slide, continuano a fare le valigie. Intanto la scena si riempie di effetti speciali linguistici: interoperabilità, digitalizzazione, open data, sinergie pubblico-privato. Se bastasse il vocabolario per cambiare una Regione, saremmo a Berlino. Ma in Calabria la parola resta spesso fine a sé stessa, e a dominare sono ancora lentezze, sprechi e mancanza di visione. Quello messo in piedi alla Cittadella è, a tutti gli effetti, uno spettacolo. Un teatro delle buone intenzioni, dove Varì e Calabrese si alternano come attori consumati, abili a interpretare ruoli diversi ma sempre perfettamente in parte: il primo come il profeta della trasparenza che nessuno vede, il secondo come l’evangelista del lavoro che nessuno trova.
Il pubblico
E il pubblico? Il pubblico – cioè i calabresi – osserva senza applausi. Anzi, molti sono usciti in anticipo dal teatro, stanchi di ascoltare promesse che si ripetono, proclami che non producono effetti, parole che evaporano come il fumo dietro i vetri. Così, invece di una “casa di vetro”, la Regione Calabria continua a sembrare un grande teatro degli specchi: tutti parlano, nessuno risponde. Varì e Calabrese restano in scena, impeccabili. La prossima conferenza è già pronta, il copione è stato aggiornato. Le luci sono accese, i microfoni pure. Il lavoro, però, continua a restare immaginario.