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Mario Occhiuto, Franz Caruso e Roberto Occhiuto

La complessità delle interpretazioni politiche

Il risultato del referendum sulla città unica continua a sollevare interrogativi e interpretazioni contrastanti, ma un aspetto è evidente: attribuire vittorie o sconfitte in modo univoco è un esercizio complesso e, spesso, strumentale. Ad esempio, è giusto sostenere che il risultato del referendum rappresenti esclusivamente una sonora sconfitta per il centrodestra, come afferma il sindaco Franz Caruso, noto promotore del Sì? Oppure: ha senso dichiarare che, bocciando la fusione, i cittadini abbiano bocciato anche gli Occhiuto, come sostiene il segretario cittadino del PD, il cui partito ha apertamente appoggiato il Sì? La risposta, in entrambi i casi, è no.
In politica – come in altri ambiti – le vittorie tendono ad avere numerosi "padri", mentre le sconfitte rimangono orfane. Assumersi la responsabilità di una sconfitta richiede coraggio, una qualità che è mancata sia al sindaco Franz Caruso sia al Partito Democratico. Entrambi hanno preferito adottare, fin da subito, una strategia difensiva, cercando capri espiatori per distogliere l’attenzione dai veri motivi che li hanno spinti a sostenere la campagna per il Sì. Questo atteggiamento non solo amplifica la disillusione dei cittadini nei confronti della politica, ma evidenzia anche l’ambiguità che ha contraddistinto la loro posizione.

Un rifiuto trasversale di un progetto calato dall’alto

Molti dei sostenitori del Sì, in particolare il sindaco Caruso e il PD, hanno condotto una campagna caratterizzata da ambiguità. Hanno sostenuto l’idea dell’unificazione per convenienza politica, per evitare accuse di immobilismo e, forse, perché si trovavano in una posizione da cui non potevano defilarsi. Tuttavia, questa posizione equivoca si è tradotta in una vera e propria schizofrenia politica, riflessa nel risultato del referendum. L’idea di una città unica è stata respinta non solo per ragioni tecniche o urbanistiche, ma anche perché priva di un reale radicamento nella volontà popolare.
I cittadini non hanno rigettato solo i progetti fuffa del centrodestra – rappresentati da figure come gli Occhiuto, i Loizzo e gli Orsomarso – ma anche quelli del PD, del sindaco Caruso e di tutti coloro che si sono schierati apertamente per il Sì. Non si è trattato di una bocciatura di parte, ma di un rifiuto trasversale, che ha colpito un progetto percepito come distante dai bisogni e dai desideri della comunità e, soprattutto, calato dall’alto.

Il ruolo dei cittadini e la lezione per la politica

Invece di intraprendere un’analisi critica e riflettere sulle ragioni profonde del mancato consenso popolare, Caruso e il PD hanno preferito scaricare le responsabilità sugli altri, celando le contraddizioni che hanno caratterizzato questa campagna referendaria. E mentre gli sconfitti strumentalizzano il risultato del referendum per giochi di propaganda, è doveroso ricordare i veri protagonisti di questa vicenda: i cittadini che, nonostante la pressione esercitata dalle élite politiche, si sono opposti a un progetto di unificazione percepito come imposto dall’alto. Un ruolo centrale va riconosciuto anche ai comitati per il No, che con determinazione e coerenza hanno portato avanti un messaggio chiaro, riuscendo a farsi ascoltare anche contro avversari ben più organizzati e influenti.
Il risultato di questo referendum dovrebbe spingere tutti – politici, commentatori e cittadini – a riflettere su come affrontare temi di grande rilevanza per il futuro urbano e sociale. Non si è trattato solo di un confronto sul destino amministrativo di un territorio, ma di un banco di prova per la credibilità di chi governa e propone visioni di sviluppo. Se c’è un insegnamento da trarre, è che le grandi decisioni devono essere costruite sul consenso e sulla partecipazione reale delle comunità. Non bastano slogan o appelli dell’ultimo minuto: la politica deve tornare a dialogare con sincerità, offrendo soluzioni concrete e condivise. Solo così sarà possibile ricostruire un rapporto di fiducia con i cittadini, evitando di scaricare le responsabilità delle proprie sconfitte sugli altri.