Sviluppata in Italia una nuova terapia genica che permette di risvegliare le difese immunitarie contro le metastasi al fegato: sperimentata con successo nei topi, potrebbe aprire a nuove possibilità per quei pazienti che presentano metastasi epatiche ad oggi considerate incurabili.




Il risultato, ottenuto anche grazie al sostegno della Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, è pubblicato su Cancer Cell dai ricercatori dell'Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) guidati da Luigi Naldini e Mario Leonardo Squadrito.

 

"Da alcuni anni - osserva Naldini - ci stiamo concentrando sull'utilizzo di tecniche di terapia genica anche in ambito oncologico, e questo studio è un nuovo esempio del nostro impegno.

 

Il nostro obiettivo è rispondere al bisogno insoddisfatto di quei pazienti affetti da metastasi epatiche ormai inoperabili per i quali ad oggi non sono disponibili trattamenti curativi".

Le metastasi al fegato derivanti da tumori del colon e del pancreas rappresentano ancora oggi un'ardua sfida per gli oncologi, perché sono particolarmente resistenti alle terapie farmacologiche, inclusa la più recente immunoterapia.

 

Questo è dovuto in parte al microambiente tumorale che si viene a creare nel fegato, che inibisce le risposte immunitarie protettive e, al contrario, attiva una serie di meccanismi che favoriscono il tumore.

Per risvegliare le difese, i ricercatori del San Raffaele hanno messo a punto una nuova terapia genica che permette di ingegnerizzare in modo selettivo alcune cellule immunitarie del fegato (i macrofagi) attraverso vettori virali che vengono somministrati con un'infusione endovenosa.

 

I macrofagi geneticamente modificati rilasciano quindi delle molecole immunostimolanti (in particolare l'interferone di tipo I) che inducono i linfociti T a riconoscere e uccidere le cellule tumorali.

"Con il nostro approccio possiamo riprogrammare il microambiente tumorale verso l'attivazione immunitaria.

 

Tuttavia - precisa Squadrito - abbiamo notato che alcuni meccanismi nel fegato (che tende a sopprimere le risposte immunitarie) creano resistenze anche allo stesso interferone.

 

Abbiamo quindi combinato il suo rilascio con un'immunoterapia già usata per altri tumori e basata sul blocco di recettori che inibiscono i linfociti: questa combinazione ci ha permesso di rinforzare ulteriormente la risposta immunitaria contro le metastasi".

L'alto successo terapeutico riscontrato nei topi di laboratorio getta "le basi per lo sviluppo clinico di una nuova strategia di terapia genica per i pazienti affetti da metastasi epatiche", commenta Naldini.

 

"Ulteriori studi sono ora necessari per determinarne sicurezza e compatibilità per l'utilizzo negli esseri umani".