Coronavirus: sindacati, caso Rsa dimostra una gestione inadeguata
"L'emergenza epidemiologica continua silenziosa, con una caratteristica particolarmente diffusiva del virus, a mietere le sue vittime, con particolare puntualità e accanimento sulla generazione in età avanzata.
L'ultimo rapporto redatto dall'Istituto superiore della sanità, certifica come i decessi avvenuti all'interno delle strutture sociosanitarie, assistenziali e residenziali per anziani in Italia a causa del Covid-19, si attestino al terribile valore del 40,2% sui decessi totali. La Calabria in questo contesto non è immune da colpe e responsabilità". E' quanto affermano, in un documento unitario, i segretari generali regionali Pasquale
Aprigliano (Spi-Cgil), Cosimo Piscioneri (Fnp-Cisl) e Alfonso Cirasa (Uil).
"Quanto 'esploso' all'interno delle Rsa calabresi - sostengono Aprigliano, Piscioneri e Cirasa - certifica di fatto, come la stessa ordinanza del 27 marzo, del presidente Santelli, sul monitoraggio delle strutture residenziali attività di screening Covid-19, sia stata applicata in modo inadeguato. Se la Regione avesse avviata per tempo una puntuale attività di screening, di prevenzione, di verifica capillare sull'idoneità
delle varie strutture, si sarebbe certamente ridotta al minimo l'esposizione al contagio ed evitato lo sconfortante quadro emerso dalle ultime attività investigative nel mondo delle Rsa calabresi prive , in alcuni casi, anche dei requisiti igienico sanitari minimi. Da questo punto di vista , esprimiamo il nostro plauso sia alle forze dell'ordine, impegnate nel controllo dei requisiti funzionali, strutturali e organizzativi delle
residenze sociosanitarie e socio assistenziali, che alle Procure della Repubblica che stanno indagando su quanto accaduto nelle strutture di Chiaravalle e Torano Castello per accertare ogni eventuale responsabilità. Ogni minuto che passa , in assenza di adeguati interventi , equivale a qualche nuovo decesso che grava
sulla coscienza di tutti oltre a rappresentare un dolore per intere famiglie private degli affetti piu' cari".
"Allo stesso tempo, in attesa di ricostruire e rifondare il sistema sanitario calabrese come da più parti riconosciuto - è detto ancora nel documento - occorre agire senza ulteriori indugi e ritardi per rafforzare la medicina del territorio anche in previsione del passaggio alla cosiddetta 'fase 2'.
A tal fine occorre, da un lato rimuovere ogni ostacolo che ritarda la completa istituzione in tutte le Asp delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale e dall'altro, considerato che l'epidemia è sul territorio e lì si combatte, mettere nelle condizioni i medici di famiglia di poter svolgere, non a mani nude, quell'azione diffusa di cura e prevenzione che faccia da filtro all'ospedalizzazione. Cio' è urgente e necessario per
dare assistenza ai 'positivi' in casa che, ad oggi, nella regione sono circa 700 e, fra questi, molti sono persone anziane, spesso sole e senza alcun'altra forma di assistenza".