«Il tempo si è fermato! Non invecchieremo più! Non moriremo più».

Le fiabe sono il non luogo in cui tutto può accadere e per questo sono molto simili alla realtà. In quella in cui Gianni Rodari parla dell’aeroplano di Capodanno c’è il racconto di un signore atterrato all’improvviso col suo aereo in uno scalo, senza permesso né autorizzazione, con le sue dodici valigie, ognuna delle quali contenenti un mese. Lo strano tipo viene trattenuto dal comandante dell’aeroporto, ed alla notizia del suo fermo i governi e le genti di mezzo mondo esultano invitandolo a trattenere il Signor Tempo ed a non lasciarlo andare, convinti di averlo fermato per sempre fino a quando, nell’altra metà del globo, non scoppia la protesta di chi, invece, ne invoca la liberazione: per crescere, per veder tornare la primavera, per guarire da una malattia.

Proprio così: come fosse una moneta, il tempo presenta due facce all’apparenza all’antitesi: chi vorrebbe inchiodarlo per non invecchiare, chi ne chiede la libertà per diventare adulto. Chi ne ha paura per i malanni che il suo incedere si porta appresso, e chi, invece per guarire dai mali contratti e dalle sofferenze patite. E così via di seguito. Traspaiono, da ciò, i sentimenti contrastanti che si nutrono nei riguardi del chrónos, del gocciolare delle ore, che segnando il cammino verso la fine inesorabile diventa insopportabile se non lo si trasforma in kairós,tempo prezioso, nel susseguirsi di atti e parole, emozioni e passioni, pensieri e scelte.

Lo scrittore francese Rabelais ben sintetizzava  questo concetto : «Le ore sono fatte per l’uomo, non l’uomo per le ore». Certo, vivere (bene) il tempo è difficile. Non basta riempirlo di impegni e neppure sognarlo come una sorta di riposo permanente. Esso è mutevole e variegato, dev’essere ininterrottamente vagliato e impiegato, ora con la meditazione ora con le opere. È in ciò la radice di un invito chiaro, che attraversa i secoli e giunge fino a noi: proprio in una società instabile e frenetica come la nostra, per la quale  il tempo è denaro, ogni tanto varrebbe la pena buttar via l'orologio e riappropriarsi del tempo per riempirlo di contenuti e valori eterni, di amicizie ed affetti  veri, per viverlo in modo personale, libero, intimo, creativo, quieto e sereno.

L'idea profondamente cristiana, probabilmente è l’unica che abbia un senso compiuto anche per chi cristiano non è: nel tempo, che è l'ambito in cui è chiamato a operare, l’uomo prepara il futuro che sta oltre la frontiera della morte. Quindi, sporcare, sciupare e dissolvere le ore è predeterminare il destino ultimo. È ciò che Cristo esprime col simbolo del tesoro: «Non accumulate tesori sulla terra, accumulate invece per voi tesori in cielo» (Mt 6, 19-20).

In vista di un nuovo anno, allora, l’augurio più sincero che possa capitare di sentire, e formulare, è che il tempo non sfugga di mano come i granelli di sabbia in una clessidra, ma si trasformi in semi di ottimismo da piantare qua e là, per rendere il mondo migliore e sempre più colorato del verde della speranza. Possa il Buon Dio benedire  i giorni dell’anno che si chiude e di quello che sta per iniziare e fare risplendere la luce del suo volto su tutti. Per tutti e per ciascuno, il 2020 che arriva. Di cuore, auguri!