Civita due anni dopo. La tragedia del Raganello tra il dolore e la natura
La pioggia incessante, le gole riempite dalla furia del torrente sempre più ingrossato. La violenza dell'acqua a travolgere vite e storie finite a Civita.
Due anni dopo la tragedia del Raganello, il territorio del Pollino è ancora provato.
Niente è più come prima a Civita, una sciagura che ha cambiato la vita di chi vicino a quei quei luoghi ci vive, di chi al mattino si affaccia e ammira la maestosità delle montagne, quelle che sono sempre state considerate un paradiso naturale, dentro il quale sorge la piccola città.
Il 20 agosto del 2018 era una giornata tranquilla, nuvole ancora troppo lontane per minacciare un temporale e prevedere una tragedia. Escursionisti, visitatori, turisti, erano in tanti ad essersi avventurati tra i sentieri di un'oasi selvaggia, dove la natura è dirompente, per accedere da ogni lato in quelle gole tra le quali ancora scorrono le lacrime per chi non c'è più.
E poi detriti, fango, l'ondata di piena che trascina senza pietà adulti e bambini, un raptus violento di quella natura che sembrava accogliere, come madre dalle grandi braccia, quella gente.
La piazza di Civita, gremita di persone incredule, abituate alla tranquillità della vita di ogni giorno, si fa piccola per i mezzi dei soccorritori, troppo piccola per contenere il dolore dei parenti.
Tante ancora le domande, senza fine i perché dei familiari che avevano lasciato al telefono voci spensierate ed entusiaste per quell'esperienza unica nel kanion di Calabria, inconsapevoli di non poterle sentire mai più.
Restano i bambini, testimoni di una tragedia immane, che hanno lasciato lì la mano dei loro genitori, ma che porteranno per sempre nel cuore quella dei soccorritori da cui sono stati salvati.