Considero strumentale la polemica che la destra sta conducendo contro il reddito di cittadinanza. Un conto sono i casi di malcostume, che vanno decisamente combattuti, e gli evidenti difetti nell’impianto della legge che si stanno manifestando, un conto è il principio che, invece, va difeso. Personalmente ritengo, come tanti, che la legge abbia dei limiti soprattutto nel rapporto con il mercato del lavoro che offre per ragioni strutturali e macroeconomiche sempre minori opportunità di tipo tradizionale. Non si può orientare i disoccupati verso un lavoro che non c’è. Bisogna invece investire sui nuovi lavori e sull’innovazione della rivoluzione digitale come ci mostrano tutti gli indicatori statistici. Il sostegno invece a chi non ha reddito è, anche in ragione di ciò, assolutamente sacrosanto, come avviene ormai in quasi tutti i paesi europei. Nel PD conducemmo una grande battaglia culturale scontrandoci con visioni tardolavoriste da un lato e neoliberiste dall’altro. E ottenemmo il reddito di inclusione varato dai governi del PD nella scorsa legislatura. Ricordo il ruolo decisivo svolto in quegli anni da Enza Bruno Bossio che ebbe il merito, con la sua determinazione, di contribuire a questa sostanziale modificazione dell’atteggiamento del PD. Cosenza fu l’epicentro di questa battaglia politica. A partire dalle modifiche del RdC oggi è possibile superare due illusioni pericolose: quella secondo la quale il lavoro si crea per decreto come hanno pensato finora i 5 stelle e quella neo liberista che crede che sia sufficiente sostenere le imprese per aumentare l’occupazione. Non è così. È questa la sfida riformista del prossimo decennio. Sfida nella quale le Regioni, soprattutto quelle meridionali come la Calabria, possono svolgere un ruolo decisivo. Su questo tema il mio impegno sarà costante. Altrimenti lavoro e reddito non saranno garantiti.