Coronavirus: turismo del vino Ko, perde business e occupati
Il coronavirus uccide anche il turismo del vino: il contraccolpo economico della sola mancanza di vendita diretta nelle cantine è di 2-2,5 miliardi di euro, senza contare le 8mila aziende enologiche che si sono organizzate per dare ospitalità.
A lanciare l'allarme è Donatella Cinelli Colombini, ideatrice della giornata Cantine Aperte e prima promotrice del turismo del vino in Italia nonché presidente delle Donne del vino, che fa il punto sugli effetti dell'emergenza sanitaria nelle cantine turistiche italiane che perdono business e posti di lavoro, perché "difficilmente riusciranno a ripartire dopo la fase 1".
La crisi del turismo mondiale blocca un business da 1,3 miliardi vuotando aerei, alberghi, ristoranti e cantine che perdono i migliori clienti. Più grave la situazione in campagna dove il turismo si è sviluppato negli ultimi anni sotto forma di agriturismo e turismo enogastronomico. "Non scordiamoci che fino allo scorso anno metà dei 58 milioni di turisti stranieri in Italia aveva comprato almeno una bottiglia di vino", ricorda Cinelli Colombini.
Per restringere alle sole cantine i problemi turistici creati dal coronavirus, la manager precisa che le 25 mila aziende enologiche italiane aperte al pubblico, tra cui 5-8 mila organizzate per l'hospitality, occupano 30 mila dipendenti stagionali addetti all'enoturismo, oltre al personale a tempo indeterminato, "tutte persone che potrebbero rimanere senza lavoro". Ci sono poi intere zone che hanno costruito la propria immagine e floridità economica sul turismo enogastronomico, come il Chianti, le Langhe o la Valpolicella. "Per queste destinazioni - sottolinea Cinelli olombini - il futuro è molto preoccupante soprattutto perchè il loro sistema economico era interamente basato sull'attrattiva vino, con alberghi e agriturismi, ristoranti, enoteche, cantine aperte al pubblico per visite, degustazioni e vendita diretta". (ANSA). Y49-VI/