"Aiutami a morire": una frase da brividi che nasconde la silenziosa agonia di chi, da troppo tempo, è costretto a vivere la sofferenza di una malattia paralizzante. E' la storia di Fabio, uomo di 46 anni che, da 18 anni, vive paralizzato nel letto dei suoi genitori, con la sola possibilità di comunicare con un computer. Le sue parole appaiono su uno schermo e sono il risultato di uno sfogo che funge come appello nei confronti dello Stato. La sua richiesta? Quella di poter porre fine al dolore di una vita inchiodata in un letto, sotto l'osservanza di amici e parenti che vivono, insieme a lui, l'immobilità del confine tra la vita e la morte.

Fabio viveva una vita normale quando un malore improvviso gli provocò lo scoppio di un'arteria cerebrale che gli causò una tetraparesi irreversibile.

Dagli albori della sua malattia, l'uomo è assistito dall’Associazione Luca Coscione, che lo hanno aiutato a fare richiesta di suicidio assistito a causa della sua dolorosa condizione, diventata insostenibile. “Fabio chiede di porre fine alle sue sofferenze in modo indolore, con le modalità più veloci e rispettose della sua dignità. È un suo diritto, sulla base della sentenza della Corte costituzionale nel caso Cappato/Antoniani”, dichiarano Filomena Gallo e Marco Cappato, segretario nazionale e tesoriere dell'associazione.

Il messaggio rivolto allo Stato è dovuto alla velocizzazione per il processo che possa permettere, in Italia, il suicidio assistito. A seguito delle visite mediche per gli accertamenti sulle sue condizioni, non si hanno ancora notizie da più di due anni.

Morire con dignità. è questo l'appello di Fabio, il quale, ormai da troppo tempo, vive in un corpo che non gli appartiene, costretto ad una vita sofferente e agonizzante.