Reggio Calabria sotto effetto: la città che si consuma nella polvere. Cocaina ovunque, allarme rosso dalle istituzioni
La droga non è più un’ombra nei vicoli: è luce al neon nel cuore della città. Il Sert parla di emergenza sanitaria, i Carabinieri di “fenomeno strutturato e trasversale”. La società si sgretola.

La cocaina non si nasconde più. Non è più roba da boss o da nottambuli viziosi. È un’abitudine trasversale, un rituale normalizzato, un veleno che si respira a pieni polmoni lungo Corso Garibaldi come nei quartieri periferici. A Reggio non bisogna più scavare per trovare la droga: è in superficie, esposta, sfacciata, parte integrante del tessuto urbano. Il problema non è più eccezione. È la regola.
La cocaina ha smesso di essere una devianza. È diventata cultura. Un simbolo di potere, un lasciapassare per la vita notturna, un surrogato di identità per una generazione allo sbando. A dirlo non sono solo i numeri — pur agghiaccianti — dei Carabinieri, ma anche chi ogni giorno combatte sul fronte silenzioso delle dipendenze.
Il Sert lancia l’allarme: “Crescono giovani e insospettabili”
Secondo i dati del SERT dell’ASP di Reggio Calabria, nel solo 2024 si è registrato un incremento del 22% nelle richieste di trattamento per uso di cocaina, soprattutto tra i giovani tra i 18 e i 35 anni, molti dei quali lavoratori, studenti universitari o professionisti. “Non si tratta più solo di marginalità sociale — dice un operatore del centro — ma di un fenomeno diffuso in ogni fascia della popolazione. I casi in cui la dipendenza è legata a stress lavorativo o alla pressione sociale sono in netto aumento.”
I Carabinieri: “Non è più microcriminalità. È sistema”
Anche le forze dell’ordine tracciano un quadro preoccupante. Solo nel primo trimestre del 2025, il Comando Provinciale dei Carabinieri ha sequestrato oltre 25 chili di cocaina nella provincia di Reggio Calabria, un dato raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma il vero allarme arriva dalle indagini: “La cocaina non passa più solo per le mani della ‘ndrangheta classica. Oggi coinvolge imprenditori, colletti bianchi, e perfino minorenni utilizzati come corrieri. È un sistema che penetra nella vita economica e sociale della città”.
Una città stanca, disgregata, indifferente
A Reggio si avverte una febbre latente, un’inquietudine costante. La movida reggina, un tempo cuore pulsante di vita e confronto, è diventata palcoscenico di un’umanità in maschera, dove contano solo l’apparenza, la spavalderia e la performance. “Una città che pippa è una città che si arrende,” dice un educatore del centro storico. “Abbiamo ragazzi che sniffano prima di entrare a scuola, padri di famiglia che si bucano nei bagni dei pub. Non è solo criminalità: è perdita collettiva di coscienza.”
Economia drogata e cultura al collasso
La cocaina sta alterando le regole del gioco anche sul piano economico. In una città già martoriata dalla disoccupazione, dalle disuguaglianze e dalla fuga dei cervelli, il denaro del narcotraffico riplasma l’economia reale: attività che lavano soldi, investimenti di facciata, ricchezza ostentata senza sostanza. Il merito è annullato. Chi vuole “salire” non studia, non lavora: si “aggancia”, si infila nel giro giusto. E chi resta fuori, resta sotto.
La politica? Assente. Complice per omissione
Le istituzioni locali balbettano, inseguono l’emergenza senza mai affrontarla. Non c’è un piano strutturale, non ci sono investimenti seri in prevenzione, cultura, sport, spazi sociali. “Si lavora solo sul contenimento, mai sulla causa,” denuncia un’associazione del quartiere Archi. “Il silenzio delle istituzioni è un consenso implicito. È un sì sussurrato al declino.”
Il bivio esistenziale: Reggio vuole salvarsi o si è già arresa?
La cocaina non è più una sostanza. È un simbolo. Di potere, di fallimento, di rassegnazione. È la firma tossica di un’epoca in cui l’essere è stato sostituito dall’apparire, e la collettività da un individualismo feroce. Il punto di rottura è stato superato. La domanda, ora, è una sola: Reggio ha ancora voglia di salvarsi, oppure ha già deciso di lasciarsi andare?
Perché l’inerzia, oggi, non è più una scelta neutra. È un atto politico. E la città, purtroppo, sembra aver già scelto il silenzio.