Che senso può avere l’università, oggi, se non è in grado di difendere la libertà di espressione, di stimolare il sapere critico, di calarsi consapevolmente nelle contraddizioni del reale? L’università ha un enorme potere, il potere di formare, orientare, spiegare, informare. Lungi dal trasformarsi in asettiche aziende del sapere pre-confezionato, le comunità accademiche, di contro, dovrebbero essere laboratori di idee, megafoni di visioni, canali di comunicazione con l’esterno. Non isole più o meno felici, ma parti attive di una dimensione che deve aspirare a diventare il più cosmopolita e allargata possibile. In questo senso, come fa una comunità accademica, degna di questo nome, a trincerarsi dietro la silente cortina dell’indifferenza e rinchiudersi nella torre d’avorio dell’autoreferenzialità? Le università, oggi, hanno un precisa responsabilità, oltre che un potere, la responsabilità di unire la teoria alla prassi, di influenzare il dibattito pubblico, di contribuire a spostare l’asse dell’egemonia culturale. E, allora, ci chiediamo, di fronte al disumano, sfrenato e sanguinoso attacco della Turchia di Erdogan nei confronti del popolo curdo, come possiamo rimanere in silenzio, come possiamo non intervenire, schierarci, esporci? Le parole sono importanti, diceva qualcuno, e le parole sono le uniche armi che vogliamo usare, in questo momento, per invitare le più alte cariche dell’Università della Calabria a prendere nettamente posizione contro l’omicida invasione turca ai danni del popolo curdo. Non si tratta solo di una questione di umanità e dignità, ma di una questione che investe tutti gli ambiti del sapere, da quello filosofico a quello storico, passando per la sfera politica. Perciò, affermiamo pubblicamente che Erdogan altro non è che un dittatore, alla pari di chi, nel triste passato, si è macchiato di angosciosi crimini contro popoli inerti. E, allo stesso tempo, riteniamo infame e inaccettabile il truce tentativo di annichilire identità, storia, lingua e cultura di un popolo così nobile come quello curdo. Un popolo che, oggi più che mai, sta portando avanti uno dei più interessanti e progrediti esperimenti di democrazia partecipata del mondo intero. Una sperimentazione ispirata agli avanzati principi filosofici del Confederalismo Democratico, teorizzato da Abdullah Ocalan, leader storico del popolo curdo che, per difendere la libertà delle proprie idee, da 20 anni, sta pagando il duro prezzo del carcere. Matura visione ecologista, cosciente protagonismo femminile e autorganizzazione rappresentano i capisaldi della visione filosofico-politica del popolo curdo, una visione, tramutatasi in prassi, che ogni comunità dovrebbe replicare, ogni Stato adottare, ogni individuo fare propria. Per questo, professori, ricercatori, lavoratori, precari e studenti dell’Università della Calabria chiedono al Magnifico Rettore di condannare pubblicamente l’attacco turco ai danni del popolo curdo, promuovendo iniziative di sensibilizzazione all’interno dell’intera comunità accademica.

Contro l’invasore e l’oppressore, sempre al fianco del popolo curdo!

Primi firmatari:

Fortunato Cacciatore (docente Unical)

Oscar Greco (dottore ricerca Unical)

Giancarlo Costabile (docente Unical)

Maria Francesca D'Agostino (docente Unical) Paolo Perri (ricercatore Unical)

Guido Liguori (docente Unical)

Giuseppe Bornino (precario Unical)

Federica Policaro (studentessa Unical)

Giancarlo De Marco (studente Unical)

Francesco Greco (studente Unical)

Marta Puntillo (studentessa Unical)

Federico Giordanelli (studente Unical)

Per firmare l'appello: [email protected]