Disastro ambientale Legnochimica di Rende: sentenza di condanna, ma la bonifica resta un'incognita.
Scopri le gravi problematiche della zona industriale di Rende: allagamenti frequenti, strade dissestate, guardrail assenti e un passato segnato dal disastro ambientale della Legnochimica.
Se c’è una cosa che la zona industriale di Rende sa fare bene, è sorprendere. Non per la sua efficienza, certo, ma per l’incredibile varietà di problemi che riesce a concentrare in pochi chilometri quadrati. Divisa in diverse contrade, ciascuna con le sue peculiarità – chiamiamole così – questa area è l’esempio perfetto di come NON dovrebbe funzionare una zona industriale.
Contrada Lecco: benvenuti a “Lago Industriale”
Partiamo da Contrada Lecco, una sorta di parodia di una zona produttiva. Bastano poche gocce di pioggia per trasformarla in un parco acquatico, con strade che si trasformano in fiumi e parcheggi che diventano laghi. La viabilità è un’altra nota dolente: le buche sembrano voragini degne di un film catastrofico e gli scoli per l’acqua sono talmente intasati che ormai potremmo considerarli reliquie archeologiche. E i guardrail? Ah, quei simpatici assenti che dovrebbero proteggere gli automobilisti, ma che sembrano ritenuti superflui in questa zona, trasformando ogni curva in una roulette russa.
Contrada Coda di Volpe: dalla Legnochimica ai rifiuti (con la puzza inclusa)
Poi c’è Contrada Coda di Volpe, dove la situazione si fa… più interessante, diciamo. Qui troviamo un’azienda che si occupa dello stoccaggio dei rifiuti, ma il passato di quest’area getta un’ombra pesante sulle attività attuali. Fino agli anni 2000, qui sorgeva la famigerata Legnochimica, protagonista di uno dei disastri ambientali più gravi della Calabria.
Nel febbraio 2024, il Tribunale di Cosenza ha finalmente emesso una condanna per disastro ambientale: nove mesi di reclusione e una multa di 14.000 euro per l’ex-liquidatore dell’azienda, con tanto di risarcimenti alle parti civili. Un giudizio atteso da anni, ma che lascia un amaro in bocca. Perché? Perché nel frattempo, nulla è stato fatto per bonificare il terreno.
Parliamo di falde acquifere contaminate da metalli tossici come arsenico, cromo, piombo e nichel, un mix che suona più come una ricetta per un film horror che come una realtà industriale. A questo si aggiungono anni di incendi dolosi, con fumi tossici che hanno reso l’aria irrespirabile. E oggi, su quei terreni mai bonificati, si trattano rifiuti. Che dire? La coerenza è tutto nella vita.
E qui arriva il colpo di scena: come redazione, ricordiamo bene i roghi continui e la puzza insopportabile che sembravano essere il marchio di fabbrica di questa zona. Certo, non possiamo affermare che ci sia un collegamento diretto con le attività attuali, ma non possiamo nemmeno ignorare il passato devastante di quest’area.
Contrada Cutura: quando il disastro è la normalità
E poi c’è Contrada Cutura, l’ennesimo capitolo della saga rendese. Qui il degrado regna sovrano: discariche abusive, rifiuti abbandonati e una generale sensazione di abbandono che rende questa zona industriale più simile a un set post-apocalittico che a un luogo destinato alla produzione.
Un’area industriale allo sbando
Insomma, la zona industriale di Rende è un concentrato di problematiche che spaziano dal tragicomico al drammatico. Allagamenti, viabilità disastrosa, inquinamento, e un passato di disastri ambientali mai risolti: tutto questo rende questa zona un simbolo del fallimento gestionale.
Il problema, però, non è solo l’inerzia delle istituzioni o la mancanza di investimenti per la bonifica e la messa in sicurezza. È anche una questione di responsabilità collettiva. Possibile che un’area così importante per l’economia locale venga lasciata in questo stato?
Forse è ora di smetterla con gli annunci e le promesse e di iniziare a fare qualcosa di concreto. Perché la zona industriale di Rende non può continuare a essere una barzelletta. E, soprattutto, perché dietro ogni allagamento, buca e nube tossica, c’è la salute e la sicurezza dei cittadini che pagano il prezzo di questa incuria.