Dalla mafia all’abbandono? Il destino incerto delle aziende agricole confiscate
Il recente accordo tra ANBSC e il Ministero dell'Agricoltura mira proprio a incentivare l’uso dei terreni confiscati per promuovere progetti agricoli giovanili e inclusivi.

Negli ultimi anni, il tema della gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata in Calabria è diventato sempre più centrale nel dibattito pubblico. Secondo i dati più recenti dell'Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati (ANBSC), la Calabria conta oltre 5.500 beni confiscati, con circa 550 aziende agricole tra questi. La città metropolitana di Reggio Calabria è l'area più interessata, con oltre 190 aziende ancora in gestione e 129 già assegnate.
Le difficoltà nel riutilizzo dei beni confiscati
Se da un lato la confisca di beni legati alle organizzazioni criminali rappresenta un passo fondamentale nella lotta alle mafie, dall’altro il percorso di riconversione e riutilizzo di questi beni continua a essere irto di ostacoli. La Regione Calabria ha recentemente approvato un Piano di Settore per valorizzare i beni confiscati attraverso politiche di coesione, inserito nel Programma Regionale Calabria FESR FSE 2021/2027. L’iniziativa è sicuramente positiva, ma i dati dimostrano che il passaggio dalla confisca alla piena operatività è spesso un processo lungo e complesso.
Chi gestisce i beni confiscati?
Un’analisi più approfondita mostra che su 149 enti coinvolti nella gestione di beni confiscati, il 67% sono associazioni, il 15% cooperative sociali e consorzi, mentre il restante include enti religiosi, fondazioni ed enti pubblici. Le destinazioni di questi beni sono molteplici, con un focus prevalente su servizi di welfare, cultura e turismo sostenibile. Solo una minima parte è attualmente destinata a progetti agricoli e ambientali, un dato che dovrebbe far riflettere sulle potenzialità inespresse di questi terreni.
Un'opportunità per lo sviluppo economico
In teoria, la Calabria avrebbe l’opportunità di trasformare questi beni in un motore di sviluppo economico e sociale, sfruttandoli per progetti di agricoltura sostenibile, imprenditoria giovanile e inclusione sociale. Il recente accordo tra ANBSC e il Ministero dell'Agricoltura mira proprio a incentivare l’uso dei terreni confiscati per promuovere progetti agricoli giovanili e inclusivi. Tuttavia, la realtà è spesso diversa: le lungaggini burocratiche, la scarsa coordinazione tra istituzioni e l’assenza di un supporto concreto agli assegnatari rendono il riutilizzo effettivo di questi beni un percorso tortuoso.
Esempi virtuosi e criticità del sistema
Non mancano esperienze virtuose di cooperative agricole che hanno trasformato i beni confiscati in aziende di successo, ma si tratta ancora di eccezioni più che della regola. Il rischio è che molte di queste proprietà restino inutilizzate o, peggio, degradino nel tempo, vanificando gli sforzi compiuti per sottrarle alla criminalità organizzata. Se le istituzioni vogliono davvero trasformare il sistema di gestione dei beni confiscati in Calabria, è necessario un cambio di passo radicale. Occorrono procedure più snelle per l’assegnazione, incentivi concreti per chi decide di investire in questi terreni e un maggiore supporto da parte degli enti pubblici. Senza un'azione più incisiva e coordinata, il rischio è che un’opportunità enorme venga sprecata, lasciando questi beni nel limbo tra la confisca e un riutilizzo che tarda ad arrivare.
aziende agricole confiscate