Da qualsiasi lato la si guardi, la riforma dell'autonomia è diventato un terreno minato: materia di scontro tra maggioranza e opposizione, fonte di divisioni tra gli alleati di governo, attaccata dalle Regioni del Sud, contestata dalla Cei.

E partendo da qui, forse non è un caso che all'indomani dell'affondo del vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, la Lega vada all'attacco dei vescovi.


"Sparano a zero contro l'autonomia, approvata in Parlamento e riconosciuta in Costituzione. Con tutto il rispetto, non sono assolutamente d'accordo", punta il dito Matteo Salvini. Se il leader leghista fronteggia la conferenza dei vescovi italiani con chiarezza in precedenza i parlamentari leghisti avevano iniziato a bombardare la Cei sul fronte dei migranti. I vescovi invitano all'accoglienza? "Dovrebbero essere chiari con i fedeli e dire loro quanti migranti intendono ospitare in Vaticano", "intendono utilizzare così i soldi dell'8x1000?". E ancora: si rilancia "la notizia" secondo cui "alcune missioni delle Ong, vicine ad ambienti dei centri sociali, sarebbero state finanziate anche con risorse provenienti dalle offerte dei fedeli", circostanza che "pone degli interrogativi sull'atteggiamento della Cei".

Il dibattito sull'autonomia

In giornata l'autonomia è l'argomento principe dell'incontro a Palazzo Chigi tra il presidente della Calabria, Roberto Occhiuto, e la premier Giorgia Meloni. Dallo staff di Palazzo Chigi e da quello del governatore azzurro non trapela nulla, ma stando a diverse fonti, Occhiuto - che da tempo guida il fronte degli scettici sull'applicazione del ddl Calderoli - avrebbe chiesto una moratoria: evitare intese con le Regioni, anche su materie non Lep, fino a quando non sarà superata la spesa storica. E la risposta di Meloni sarebbe suonata più o meno così: l'autonomia è un tema nazionale, mi assumo io la responsabilità di verificare passo dopo passo, non ci saranno fughe in avanti. Esattamente la richiesta di Forza Italia, che dopo il via libera al provvedimento in Parlamento, si è assestata sulla linea di una maggiore prudenza: probabilmente anche per il pressing interno del fronte del Sud che - per voce di Occhiuto, Francesco Cannizzaro e altri - ha perorato la linea della cautela per non perdere voti nel Meridione.
Il partito di Tajani, alla ripresa dell'attività parlamentare, dovrà anche sbrogliare la matassa dello ius scholae su cui il leader si è speso pesantemente quest'estate, creando aspettative nell'opinione pubblica e in diversi mondi. A tendergli uno sgambetto in piena regola è Carlo Calenda: Azione presenterà un emendamento sullo ius scholae al disegno di legge in materia di sicurezza che l'aula della Camera inizierà a discutere il prossimo 10 settembre. Come voteranno gli azzurri, per ora, è ancora un enigma. In passato su temi del genere la linea del partito è stata la libertà di coscienza. "E' un metodo ridicolo al quale non ci prestiamo e non ci presteremo", fa sapere Maurizio Gasparri che bolla come "compitino malfatto" la proposta dei calendiani.

Il Pd contro i leghisti 

Il Pd, intanto, se la prende la con i leghisti: "Dilaga il nervosismo dalle parti della Lega per il successo di firme contro l'autonomia differenziata. Calderoli offende le decine di migliaia di italiane e italiani che in poche settimane, online e nelle piazze di tutto il Paese, hanno voluto manifestare con la propria firma la netta contrarietà ad una pseudo riforma, sbagliata ed ingiusta. Zaia usa parole inopportune e istituzionalmente sgrammaticate nei confronti della Cei". Dopo le esternazioni di Papa Francesco ("respingere i migranti è un peccato grave"), il capo missione di Mediterranea Luca Casarini ha ringraziato il pontefice che "ci spinge a non avere paura.
Dall'inizio dell'anno ci sono più di mille morti affogati nel Mediterraneo - ricorda -, eppure alcuni che si dicono cristiani e stanno al governo, gioiscono per il 'calo degli sbarchi'".
Autonomia e ius scholae non sono gli unici terreni di scontro nella maggioranza. Tra i nodi ancora da sciogliere l'architettura delle candidature alle prossime regionali, con il caso Veneto - conteso da tutti e tre i partiti di governo - che è emblematico del caos imperante. Dopo il passo in avanti di Flavio Tosi (FI), replicano i luogotenenti di FdI, Luca De Carlo, e della Lega, Alberto Stefani. Il primo per rimarcare che Fratelli d'Italia ha ottenuto il 37,6% alle ultime eruopee, il secondo per far pesare i "159 sindaci e 1000 amministratori comunali della Lega". 

Fonte: ANSA