L’antivangelo della ’ndrangheta, il volto sacro del potere criminale
Il rito d’iniziazione mafioso, ad esempio, si ispira in modo evidente al battesimo cristiano

C’è un cuore teologico che batte dentro la ’ndrangheta, ma non ha nulla a che vedere con Dio. È una religione capovolta, una fede senza salvezza, un anti-vangelo che imita la forma della religione cristiana per pervertirne il contenuto. Non si tratta solo di un’organizzazione criminale dedita al traffico di droga o all’estorsione. La ’ndrangheta è anche e soprattutto un sistema di valori, una filosofia totalizzante, una fede atea che sacralizza il potere, il controllo, la morte. Lo hanno scritto con chiarezza i vescovi calabresi: «La ’ndrangheta non ha nulla di cristiano. È altro dal cristianesimo, dalla Chiesa. Utilizza riti e simboli sacri in modo distorto, imitandoli, scimmiottandoli, per giustificare una religiosità capovolta, atea, idolatrica». La mafia calabrese non si limita a operare nel buio dell’illegalità, ma si veste di sacro, cerca legittimità nella liturgia, nel culto popolare, nella simbologia religiosa. E in molti casi, purtroppo, riesce a trovarla.
Il battesimo
Il rito d’iniziazione mafioso, ad esempio, si ispira in modo evidente al battesimo cristiano: si versa sangue, si giura su santini, si recitano formule solenni, si compie un gesto di “rinascita”. Il nuovo affiliato non entra solo in un gruppo criminale: viene accolto in una “società di uomini veri”, rinunciando alla sua vecchia vita per abbracciare una nuova identità fondata sulla fedeltà cieca al clan. È un rito di passaggio, quasi una conversione. Non a caso Giovanni Falcone affermava: «Entrare in mafia equivale a convertirsi a una religione». Questo è ciò che rende la ’ndrangheta diversa da qualsiasi altra forma di criminalità: la pretesa di totalizzare l’individuo, di imporgli un culto, una gerarchia, una missione. L’uomo non è più solo un delinquente, ma un “uomo d’onore”, una pedina in un disegno più grande, in cui il capo si sostituisce a Dio. Non è solo una scelta di vita: è una mutazione dell’essere. Come nella fede cristiana il battesimo imprime un carattere indelebile, così nella mafia l’iniziazione cancella la vecchia identità e ne impone una nuova, definitiva. Questa "fede mafiosa" si manifesta anche nei vertici dell’organizzazione: chi raggiunge i gradi più alti nella gerarchia della ’ndrangheta giura sul Vangelo. Uno dei titoli più ambiti è proprio quello di “vangelista”, come se l’annuncio mafioso fosse un vangelo alternativo, in cui l’amore è sostituito dall’onore, la comunione dalla fedeltà assoluta al clan, la misericordia dalla vendetta.
I boss cattolici
È un ateismo mascherato, che utilizza i simboli cristiani per rafforzare un dominio umano, arbitrario, violento. Un Dio ridotto a copertura, una religione trasformata in strumento di potere. Eppure, molti boss si dichiarano cattolici, ostentano rosari, immaginette, fanno celebrare messe in loro onore. Una fede apparente, che cela una teologia perversa. Come ha detto un noto teologo: «La mafia è radicalmente anti-Dio perché mette un uomo – o un’organizzazione – al posto di Dio». In questo contesto, la Chiesa non può restare neutrale. E infatti, negli ultimi decenni, ha alzato la voce. Dai documenti della Conferenza Episcopale Calabra al martirio di don Pino Puglisi, passando per l’impegno di tanti sacerdoti, religiosi e laici, il Vangelo ha trovato modo di farsi sentire. Ma non basta. Lo ha riconosciuto la stessa Chiesa: troppe volte, nel passato, il silenzio è stato complice. Troppe volte la mafia ha convissuto con le comunità cristiane, trovando spazio persino nelle processioni, nei comitati religiosi, nella vita parrocchiale. Il problema non è solo teorico o simbolico. Riguarda la credibilità della fede. Una religione che non sa distinguere tra l’adorazione del Dio vivente e l’obbedienza a un potere criminale è una fede svuotata, che ha perso il suo sale. Per questo oggi la sfida è una sola: tornare al Vangelo, purificare la religiosità popolare, smascherare l’idolo del potere. Non servono “valori” astratti o discorsi sociologici: serve una fede viva, capace di trasformare la vita quotidiana, le relazioni, la politica, la giustizia. Contro la ’ndrangheta, la legalità non basta. Serve una conversione profonda, una comunità cristiana che dica con chiarezza: «Il Vangelo è incompatibile con la mafia». Non solo con le sue azioni, ma con la sua stessa logica. Perché dove regna il potere assoluto, non c’è spazio per il Dio di Gesù Cristo. E solo la verità – come ha promesso Gesù – può renderci davvero liberi.