Massimo Esposito, 27 anni senza giustizia per il giovane ultrà cosentino
Oggi, 30 anni fa, moriva Massimo Esposito: Nel 1999 il caso fu archiviato, lasciando senza colpevoli una morte
Una vicenda senza giustizia
La storia di Massimo Esposito, giovane cosentino morto nel carcere di Lecce nel 1997, rappresenta una delle tante vicende drammatiche rimaste senza giustizia. Arrestato per una rapina mal riuscita, Massimo perse la vita in circostanze mai chiarite. La versione ufficiale parlò di arresto cardiocircolatorio e di un edema polmonare acuto provocato da una presunta crisi epilettica, patologia che però non aveva mai manifestato in vita.
I suoi familiari, vedendo il corpo avvolto in lenzuola insanguinate e con evidenti lividi sul collo, sospettarono fin da subito che fosse stato vittima di un pestaggio in carcere. Quando in città si è infatti appresa la notizia della sua morte, molti hanno avuto la sensazione che ci fosse stato qualcosa di oscuro.
Una morte senza colpevoli
Nonostante questi segnali, le indagini furono condotte in modo lacunoso e tardivo. L'autopsia venne depositata undici mesi dopo la morte, senza chiarire le cause reali del decesso. La famiglia, che si era rivolta a diversi esperti, trovò ulteriori conferme dei propri dubbi, ma ogni tentativo di ottenere risposte si infranse contro un muro di gomma. Anche il sindaco dell'epoca, Giacomo Mancini, e il senatore Luigi Manconi tentarono di portare la questione all'attenzione pubblica e politica, ma senza risultati concreti. Nel 1999 il caso fu archiviato, lasciando senza colpevoli una morte che sollevava molteplici interrogativi.
Cosenza non ha mai dimenticato Massimo
La comunità di Cosenza non ha mai dimenticato Massimo. Gli Ultrà, di cui faceva parte, hanno continuato a ricordarlo con striscioni e iniziative, denunciando l’ingiustizia e la mancanza di verità. La sua morte rimane un esempio doloroso di come la vita di un detenuto possa essere trascurata e di come le istituzioni abbiano fallito nel fare luce su quanto accaduto. Il caso di Massimo Esposito è ancora oggi una ferita aperta, un simbolo delle difficoltà che le famiglie delle vittime incontrano nel cercare giustizia in un sistema spesso opaco e indifferente.