Due vittime sul lavoro a distanza di ore in Calabria. Due persone comuni, che come tutti, avevano chiuso la porta di casa alle proprie spalle per imboccarsi le maniche e portare il pane a casa. Una porta che non si è più riaperta, poiché quello stesso lavoro che avrebbe dovuto garantirgli la vita, quella vita gliel’ha portata via.

 

1.090 i lavoratori che da gennaio a dicembre 2022 hanno perso la vita da Nord a Sud, con una media di oltre 90 vittime al mese: è questo il tragico bilancio delle vittime sul lavoro, che evidenzia quello che si sta tramutando – visti i dati allarmanti – in un vero e proprio fenomeno.


20 decessi alla settimana e almeno 3 infortuni mortali al giorno: uno scenario raccapricciante che pone gli operai e i lavoratori in uno stato di paura e terrore, nella piena consapevolezza di quanto il posto di lavoro non sia un luogo in cui vige la sicurezza e la tutela.

Per quanto si è avvertita una riduzione delle mortalità nell’anno 2021, esso va considerato come un “dato apparente”, considerando che i dati erano influenzati dalle morti da Covis19, costituendo un quarto dei decessi sul lavoro (294 su 1221).

 

Ciò significa che gli infortuni mortali “non Covid” sono cresciuti del +17% passando dai 927 di fine dicembre 2021 ai 1.080 del 2022. Quest’ultimo dato è paragonabile a quello emerso nel 2019, epoca pre-covid, dimostrando come le morti sul lavoro siano realmente un fenomeno che – da anni – non subisce mutazioni o miglioramenti.


Per quanto riguarda la Calabria, il numero dei decessi sul posto di lavoro non costituisce un dato allarmante: 22 operai in un anno. In vetta a questa tragica classifica si posiziona la Lombardia, con 124 vittime. Essa è da considerare – però – come la Regione con il più alto tasso di occupazione lavorativa.