Sanità, Falvio Stasi: la vita dei calabresi valga quanto il ponte Morandi
"Con agosto alle spalle, torna a diventare di stringente attualità il bollettino covid: me ne accorgo dalle tante domande della gente su decine di presunti positivi al giorno. Ma se nella drammatica fase del lockdown per lo meno anche in Calabria si è tornato a parlare di investimenti, di aumento del personale, di interventi negli ospedali, è bastato abbassare un po’ la guardia ed il commissariamento ha provato a rifilarci un altro taglio". Lo scrive su Facebook il sindaco di Corigliano Rossano Flavio Stasi, a proposito della situazione sanitaria attuale.
"Non ho scritto a caso “commissariamento” piuttosto che “commissario”, perché non credo sia chi ricopre il ruolo di Commissario ad Acta che rappresenti il vero problema, bensì la funzione che svolge. Anche alla luce dell’emergenza covid, il Governo ed in particolare il Ministro Speranza devono aprire all’ipotesi di chiudere la fase del rientro dal debito sanitario: è divenuta ormai una farsa perché il debito, aritmeticamente, non sta diminuendo. Non è necessario null’altro se non la presa d’atto di un dato ineludibile.
Si chiuda la fase d’emergenza, dunque, oppure, forse ancora meglio, si ribalti la funzione dei commissari, perché l’unico modo che ha la Sanità, in Calabria ed in ogni luogo, per non generare debiti è curare. Che si istituisca il commissariamento straordinario delle Calabria per curare i calabresi. Assolvendo alla funzione essenziale ed imprescindibile della sanità regionale, rischieremmo anche di rientrare dal debito, perché tra le altre cose l’emigrazione sanitaria costa non poco ai calabresi. Col Decreto Calabria la nazione è stata investita dell’esigenza di superare le lungaggini della burocrazia sanitaria regionale, aggiungendo ulteriori ritardi. So bene che l’obiettivo era quello di controllare e non di ingessare, ma anche questo concetto deve essere ribaltato: che la nazione venga investita, da Aosta a Siracusa, della sacrosanta priorità di costruire i nuovi ospedali della Sibaritide e della Piana di Gioia Tauro, pianificati decenni fa non senza motivo, come è stata giustamente investita della priorità di ricostruire in pochi mesi il Ponte Morandi. Questo credo sia il compito del governo regionale, della rappresentanza parlamentare, anche di ogni singolo territorio. E chiudere questa fase di commissariamento significa anche fare il punto su cosa offre ora la sanità sul territorio. Abbiamo chiesto la sospensione dell’efficacia dei decreti del commissario di riorganizzazione della rete territoriale e della rete dei laboratori non per difendere questo o quel laboratorio, ma per svoltare una direzione che credevamo definitivamente abbandonata con l’avvento del Covid-19. Ed invece, come un gambero preso a calci in avanti dalla pandemia che lo ha costretto a realizzare investimenti d’emergenza per salvare vite, la Calabria commissariata torna a camminare all’indietro, come se nulla fosse accaduto e come se nulla possa accadere.
Cosi cieca da non essere neanche in grado di fare il punto su quegli investimenti, programmati dal Governo nazionale, che a quest’ora avrebbero dovuto essere già operativi: personale, reparti, percorsi, terapie intensive e sub-intensive, laboratori. Ma non è questa, forse, la priorità vera della Calabria di questi giorni, di queste ore? Non dovrebbe essere questo il tema di un istituto emergenziale che apra con investimenti seri una stagione di progressiva programmazione sanitaria?
Allora che venga dai Governi una svolta ora, non più rimandabile, prima di tornare inesorabilmente alla consuetudine di costringere i sindaci quindi i territori, con le loro rappresentanze, alla “difesa dello scontato”, ovvero alla difesa di ciò che dovrebbe essere imprescindibile e che invece, in Calabria, da tempo è diventato opzionale a favore di un circuito parallelo che avrebbe il compito di integrare la sanità pubblica, e non di sostituirla.
Sia questo anche al centro della discussione in funzione di quegli investimenti, scuciti con grande tenacia alla austerità europea, che non possono non finire nel vero propulsore inutilizzato dell’economia italiana, ovvero il mezzogiorno, e non possono prescindere dall’innovazione di servizi essenziali e tecnologicamente sensibili come la sanità. È necessario chiamare a raccolta tutte le forze istituzionali, politiche e sociali della Calabria, a partire dai prossimi appuntamenti di interlocuzione già programmati, richiamando il Governo su un tema che non è e non può essere avulso dal dibattito politico nazionale, non solo perché stiamo vivendo ore di apprensione per l’evolversi dell’emergenza pandemica, ma anche e soprattutto perché è compito del Governo nazionale e del Ministero della Sanità, oggi, decidere se la nostra Regione deve continuare a rimanere un laboratorio di emigrazione sanitaria di massa oppure, semplicemente, se la vita dei calabresi vale almeno quanto il Ponte di Genova".