Pasqua in Calabria: dove il cibo racconta la fede, la memoria e l’identità
Nella nostra regione, in questo giorno presente e passato si danno la mano

In Calabria, la Pasqua non è solo un evento liturgico o una semplice festività: è una narrazione collettiva che prende forma attraverso gesti, riti e sapori. È un tempo sospeso in cui si mescolano sacro e profano, silenzio e festa, digiuno e abbondanza. Ed è proprio sulla tavola che si consuma la parte più profonda di questo racconto.
Il cibo non è solo nutrimento
Il cibo, in questo contesto, è molto più che nutrimento: è un atto di memoria. I piatti che compaiono sulle tavole calabresi durante la Settimana Santa e nel giorno di Pasqua sono il risultato di una lunga sedimentazione storica, fatta di privazioni, creatività e simbolismo. In un passato segnato da povertà e carestie, la cucina calabrese ha imparato a fare molto con poco, e nel farlo ha codificato un linguaggio simbolico che ancora oggi parla a chi sa ascoltare.
La cuzzupa
Emblema di questa cucina rituale è la cuzzupa, un dolce preparato con impasti semplici, modellato in forme che richiamano l’amore, la rinascita, la protezione. Al centro, sempre, un uovo sodo: segno della resurrezione, ma anche della ciclicità della vita. La sua preparazione, che coinvolge intere famiglie, non è mai solo un’operazione gastronomica: è un rito identitario che rinsalda legami e trasmette saperi. In molte case, si impasta ancora “come faceva la nonna”, con le mani e con il cuore.
Il pranzo della domenica
La Pasqua, però, non è solo dolcezza: è anche incontro, comunità, abbondanza ritrovata. Dopo i giorni della penitenza e della sobrietà, il pranzo pasquale esplode in tutta la sua ricchezza simbolica. Tra le portate principali troviamo antipasti di salumi e formaggi locali, primi piatti come la pasta al forno o i maccheroni al ferretto conditi con sugo di carne, e secondi a base di agnello o capretto. Piatti che non si limitano a saziare, ma che raccontano un’eredità agricola e pastorale profondamente radicata nel territorio.
L'Affruntata
Ma il cuore pulsante della Pasqua calabrese resta l’Affruntata: il rito popolare che mette in scena l’incontro tra la Madonna e il Cristo Risorto. Una processione teatrale, spesso carica di tensione emotiva, che si svolge al mattino della domenica. Quando il velo nero viene sollevato dal volto della Madonna e le statue si “incontrano”, il silenzio si scioglie in applausi e lacrime. Ed è proprio in quel gesto che la Pasqua prende forma: la morte è stata vinta, la vita può ricominciare.
Anche il pranzo che segue questo rito è parte integrante della liturgia sociale. È lì che si conferma la rinascita, non solo spirituale, ma anche materiale, conviviale. Sedersi a tavola è un modo per dire: siamo ancora qui, insieme, abbiamo attraversato la notte e stiamo tornando alla luce.
Passato e presente si stringono la mano
Così, in Calabria, la Pasqua continua a essere un momento in cui il passato e il presente si danno la mano. Una festa che non ha bisogno di orpelli o trovate moderne, perché affonda le radici nella terra, nella fatica, nella fede. E soprattutto in una cultura del cibo che non è mai solo gusto, ma sempre anche racconto, rito e memoria.