Tribunale Catanzaro
Tribunale Catanzaro

La Corte d'Assise di Catanzaro ha assolto Antonio Davoli dall'accusa di essere uno degli autori materiali dell'omicidio di Giovanni Torcasio, 36 anni, presunto esponente di rilievo della cosca Torcasio della 'ndrangheta, e di Christian Materazzo, 22 anni, avvenuto il 29 settembre 2000 nella frazione di "Capizzaglie" a Lamezia Terme. La pubblica accusa aveva chiesto per Davoli la condanna all'ergastolo. L'omicidio era stato collegato dagli inquirenti alla faida mafiosa che aveva coinvolto la zona di Lamezia Terme all'inizio degli anni 2000.

Materazzo si trovava con Torcasio perché fungeva da autista per lui, dopo che al presunto boss era stata revocata la patente a causa della sua sorveglianza speciale. Il 24 gennaio scorso, il gup di Catanzaro aveva condannato a 30 anni di prigione Domenico Cannizzaro, accusato di essere il mandante dell'omicidio, e Pietro Iannazzo, ritenuto dal pubblico ministero il secondo esecutore materiale del delitto, a seguito di un processo abbreviato.

La decisione della Corte d'Assise

La Corte d'Assise di Catanzaro ha assolto Antonio Davoli dalle accuse di essere uno degli autori materiali dell'omicidio di Giovanni Torcasio e Christian Materazzo. Questo è un elemento centrale: l'assoluzione evidenzia una certa incertezza o insufficienza delle prove presentate contro Davoli. Nonostante la pubblica accusa avesse chiesto per lui la condanna all'ergastolo, il tribunale ha ritenuto che le prove non fossero sufficienti per confermare la sua responsabilità. In questo contesto, emerge il principio fondamentale della giustizia penale: "in dubio pro reo" (in caso di dubbio, a favore dell'imputato).

Il duplice omicidio

Il duplice omicidio di Torcasio e Materazzo è stato associato alla faida mafiosa che stava interessando Lamezia Terme negli anni 2000. Questo dato è fondamentale per comprendere il movente dell'omicidio: l'omicidio non è un atto isolato, ma inserito all'interno di una guerra tra clan della 'ndrangheta. La menzione della "faida mafiosa" suggerisce che l'omicidio fosse parte di una strategia di controllo del territorio da parte di diverse fazioni criminali. Torcasio, come presunto esponente di un clan, era un obiettivo strategico, e l'omicidio potrebbe essere stato finalizzato a eliminare un rivale o a dare un segnale di forza.

La sentenza del 24 gennaio, che ha condannato Domenico Cannizzaro a 30 anni di reclusione per il duplice omicidio, identifica Cannizzaro come il mandante dell'omicidio. Questa condanna, insieme a quella di Pietro Iannazzo (secondo esecutore materiale), dà una visione più completa del crimine, dove le responsabilità sono distribuite su più livelli: mandanti e esecutori materiali. Cannizzaro, quindi, è visto come la figura che ha orchestrato l'omicidio, mentre Iannazzo sarebbe stato uno degli esecutori sul campo.

La sentenza di assoluzione di Davoli e la condanna di Cannizzaro e Iannazzo evidenziano la complessità del processo. Se da una parte la Corte ha ritenuto insufficiente la prova per condannare Davoli, dall'altra, la condanna di Cannizzaro a 30 anni e l’identificazione di Iannazzo come esecutore mostrano che il sistema giudiziario ha potuto ricostruire altre parti dell'accaduto con maggiore certezza. La dinamica processuale tra il processo ordinario e quello abbreviato per Cannizzaro e Iannazzo sottolinea come il diritto penale possa fare i conti con diverse strategie difensive e con la valutazione di prove che, nel caso di Davoli, non sono risultate decisive.