La sua era una rivoluzione pacifista, un uomo del popolo che ha dedicato i suoi ultimi anni di vita a battersi per i diritti dei lavoratori: si spegne Roberto Corsi, a 53 anni, nello sgomento della comunità montaltese, a causa di una malattia che lo ha lentamente logorato, fino ad ucciderlo. Un uomo che ha utilizzato la sua arma più forte al fine di difendere la sua dignità: la parola. Una dignità che riguarda tutti noi, quella dei lavoratori e dei commercianti a cui sono stati decurtati la maggior parte dei diritti e alla quale Roberto non voleva più sottostare. Le sue azioni rivoluzionarie sono sempre state di forte impatto, sicuramente eclatanti ma impossibili da passare inosservate: il tentato suicidio in diretta Facebook per opporsi alla tassazione opprimente della Partita Iva, la mancata emissione di scontrini ai clienti (in cambio offriva sconti del 21%), portando il registratore di cassa fuori il suo negozio, la presenza in diversi talk-show, in cui neanche in quei caso ha avuto peli sulla lingua nel denunciare le ingiustizie subite dallo Stato. Una personalità semplice e fortemente legata ai suoi valori, che lo hanno spinto ad una lotta comunitaria destinata, non tanto ad un suo tornaconto personale, quanto a salvaguardare il futuro incerto a cui i giovani saranno sottoposti.
In una sua dichiarazione, Corsi disse:

“Ho il sacrosanto dovere di prendermi cura di mia moglie e dei due miei figli. So benissimo che chi non paga le tasse è un evasore, ma mi trovo in uno stato di necessità. Ogni volta che vado dal commercialista è una roulette russa. Sei congruo, non sei congruo. Spia gialla, spia verde, spia rossa. Preferisco essere clandestino in Italia perché almeno posso guadagnare 36 euro al giorno, quanto prendono i clandestini. Sono stanco, disse e sto lottando per i miei figli. Mi sono rimaste solo le mutande”.


Addio Roberto, la tua battaglia non è ancora persa.