Una figura tutta nuova quella di Draghi alla guida del governo, non un politico ma un uomo al quale questa mattina è stata votata la fiducia. Abbiamo deciso di condividere il pensiero del direttore di Dire, Nico Persone, che ne ha fatto un'analisi lucida nel suo editoriale, paragonando il nuovo presidente del consiglio ad una poesia di Kavafis.

"Che aspettiamo, raccolti nella piazza? Oggi arrivano i barbari. Perché mai tanta inerzia nel Senato? E perché i senatori siedono e non fan leggi? Oggi arrivano i barbari. Che leggi devon fare i senatori? Quando verranno, le faranno i barbari”. Bellissimi e calzanti versi della poesia di Konstantinos Kavafis sull’attesa del nuovo che tutti si aspettano, sull’ansia che ci prende aspettando che si materializzi lo sconosciuto, che potrebbe anche far paura. Oggi, proprio in Senato, quel nuovo, il barbaro che si aspettava, ha preso le sembianze del premier Mario Draghi. Non politico, finora estraneo al batti e ribatti dei politici di professione. Risorsa preziosa del nostro paese, chiamato dal Capo dello Stato a guidare il Governo di salvezza nazionale,sostenuto da quasi tutti i partiti politici e dove, alla fine, i partiti conteranno quasi zero “perché le leggi le faranno i barbari”.

Mi vien da ridere a sentire le lodi che autorevoli giornalisti, direttori e commentatori, stanno levando all’indirizzo del nuovo Capo del Governo. Molti si sbracciano, sottolineano che no “Draghi non è un uomo d’acciaio, freddo e insensibile, ma pieno di passione, si commuove persino”. Non hanno ancora capito che la situazione in cui è precipitato il Paese, i rischi, grandi, che ancora abbiamo davanti, i tanti milioni di cittadini che vivono da mesi una situazione drammatica e che non ce la fanno più, non hanno affatto bisogno di un leader preso da debolezze umane, no, serve proprio un uomo d’acciaio, che freddamente punti al risultato, che ci riporti a vivere, a guardare al futuro, a sognare una vita se non come prima almeno in parte come prima. Oggi, guardando i nostri politici senatori ascoltavano il programma di Draghi, che hanno applaudito sì ma senza troppa enfasi, per un attimo ho sentito un brivido lungo la schiena. Forse hanno capito, al di là del rispetto che il premier Draghi ha nei confronti delle Istituzioni, che per loro, tutti loro, comincia la traversata del deserto.

Tutto cambierà, e alla fine del duro cammino ci troveremo di fronte a nuovi capi e a nuove forze politiche, si spera rinnovati nelle idee e nei programmi, finalmente all’altezza delle sfide che verranno. E non fatevi ingannare da chi pensa di ‘nascondersi’, di mettersi in un angolo in attesa che… tutto verrà messo sotto sopra, tutto cambierà per forza delle cose. Il premier oggi, nell’aula del Senato, ha parlato chiaro: “La governance del Programma di ripresa e resilienza è incardinata nel Ministero dell’Economia e Finanza con la strettissima collaborazione dei Ministeri competenti che definiscono le politiche e i progetti di settore. Il Parlamento verrà costantemente informato sia sull’impianto complessivo, sia sulle politiche di settore”. Tradotto: toccherà ai ‘barbari’, al nuovo a cui ci siamo rivolti e abbiamo chiesto di scrivere le leggi e governare, tirarci fuori dal disastro, ridarci un futuro. Toccherà al premier Mario Draghi tenere la barra dritta e non cedere mai al canto delle tante sirene che da oggi, vedrete, cominceranno a farsi sentire. E dovrà riuscire nel compito, costi quel che costi. Altrimenti ci condannerà alla delusione totale, come quella dei protagonisti della poesia di Kavafis: “Perché d’un tratto questo smarrimento ansioso? (I volti come si son fatti seri) Perché rapidamente le strade e piazze si svuotano, e ritornano tutti a casa perplessi? S’è fatta notte, e i barbari non sono più venuti… E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi? Era una soluzione, quella gente”.