Ormai da anni, circa 7000 tirocinanti, ex percettori di mobilità in deroga della Regione Calabria, sono costretti a fare i salti mortali per vedersi riconosciuti i propri diritti. Dal 2016 svolgono attività, per 500€ mensili, presso enti locali, uffici giudiziari e sedi territoriali dei ministeri.

Una categoria di cui la politica si ricorda solo in periodo elettorale.

Le giunte regionali e i governi che si sono succeduti in questi anni, sono stati incapaci di stabilizzare, riconoscendogli la dignità che meritano, questi lavoratori e lavoratrici. Spostati come pacchi da una parte all'altra, nella precarietà più assoluta.

A causa dell'emergenza attuale, causata dalla pandemia, i tirocini, sia quelli in corso che e quelli in procinto di iniziare, sono stati sospesi. Ad oggi, 7000 famiglie calabresi, molte delle quali mono reddito, sono senza stipendio. L'ulteriore beffa è che questa categoria è esclusa da tutte le misure previste dal DL "Cura Italia". La Regione Calabria è intervenuta, annunciando,il 4 aprile scorso, il pagamento di una mensilità.

Da quello che ci risulta, ancora nessun tirocinante, almeno in provincia di Cosenza, ha visto accreditarsi la retribuzione.Inoltre il bonus una tantum previsto dalla Regione, finalizzato all'acquisto di beni di prima necessità, non va a soddisfare l'intera platea, ma solo una parte. Una misura di emergenza per pochi e assolutamente non all'altezza della drammatica crisi attuale. In questa situazione, l'intervento del governo centrale è nullo.

C'è bisogno di un atto di responsabilità volto a tutelare le 7000 famiglie calabresi che, da anni, attendono risposte concrete. La situazione attuale è inaccettabile.

Nell'immediato si deve garantire un reddito a questi lavoratori e a queste lavoratrici per poi stabilizzarli dandogli, finalmente, il riconoscimento professionale che si sono guadagnati con il loro lavoro.