La Fiera di Arcavacata del 25 agosto 1949: il primo grande colpo di Luigi Palermo, detto “U Zorru”
La prima rapina del giovane Luigi Palermo, futuro boss noto come "U Zorru", alla fiera di Arcavacata
La grande fiera di Arcavacata e l’atmosfera di festa
Ogni anno, il 25 agosto, Arcavacata di Rende si anima con una fiera molto attesa, dove bancarelle, commercianti e curiosi si radunano. Nel 1949, questo evento attira ancora più attenzione, con venditori di abbigliamento, utensili, dolciumi e merci di ogni tipo che fanno affari, mentre la gente si riversa sulle strade affollate. La presenza di venditori itineranti, compresi alcuni commercianti rom che propongono animali e prodotti in ferro battuto, arricchisce l’atmosfera.
Tra il via vai frenetico di persone, alcune figure osservano attentamente i passanti: sono borseggiatori che scrutano ogni mossa dei presenti, pronti a individuare le loro vittime ideali.
Gli uomini d’affari: i fratelli Bruno
Mentre la folla si sposta tra le bancarelle, tre borseggiatori individuano tra i presenti due uomini di particolare interesse: i fratelli Giovanni e Giuseppe Bruno, originari di Paola. I due, immersi nella trattativa per l’acquisto di bestiame, sembrano alla ricerca di alcune vacche, e i borseggiatori intuiscono che devono avere con sé una somma importante, probabilmente non meno di ottocentomila lire.
Pianificano un furto, ma l’area della fiera non si presta a un colpo senza rischi. Decidono, quindi, di seguirli nella speranza di un’occasione più favorevole, aspettando il momento giusto per agire.
L’attacco alla stazione ferroviaria di Rende
Quando i fratelli Bruno non trovano gli animali desiderati e si dirigono alla stazione di Rende per tornare a casa, i borseggiatori li seguono. Mentre Giovanni Bruno estrae un rotolo di banconote per acquistare i biglietti, i ladri attendono che il treno arrivi. Allo sportello, uno dei borseggiatori si piazza davanti ai fratelli Bruno, bloccando il passaggio e fingendo di salire, mentre gli altri due li spingono da dietro. In questo caos, una mano veloce s’infila nella giacca di Giovanni, estraendo il pacco di denaro.
Quando Giovanni si accorge del furto, è ormai troppo tardi. Il ladro che bloccava il passaggio si dà alla fuga insieme ai complici. I fratelli Bruno, realizzato l’accaduto, gridano al ladro e inseguono i fuggitivi, attirando l’attenzione di altri presenti.
La fuga e l’intervento dei contadini Morrone
Durante l’inseguimento, le urla dei fratelli Bruno richiamano l’attenzione di due contadini, i fratelli Raffaele ed Emilio Morrone, che senza esitazione si lanciano a loro volta all’inseguimento dei ladri. Alla fine, riescono a fermare uno dei fuggitivi, Mario Banditelli, mentre gli altri due si dileguano tra le campagne.
Tra i fuggitivi c’è anche Luigi Palermo, un diciannovenne cosentino conosciuto come “Gigginu ‘u Zorru”. L’arte del borseggio l’aveva appresa proprio dai rom della sua zona. Palermo e Raffaele Cortese, l’altro complice, si separano per nascondersi, lasciando Banditelli nelle mani della folla inferocita.
Il bottino di “U Zorru” e la sua latitanza
Palermo trova rifugio in una casa abbandonata, dove scopre di aver rubato ottocentocinquantaduemila lire, una cifra considerevole. Si nasconde per qualche giorno prima di fare ritorno a Cosenza, mentre i Carabinieri e la Questura cercano attivamente i tre malviventi. In città, “U Zorru” si nasconde in una zona che conosce bene, convinto che possa evitare l’arresto per un po’.
La polizia, tuttavia, raccoglie rapidamente indizi, trovando testimoni e tracciando i movimenti dei ladri. Una donna, Paolina Polimeni, conferma agli agenti che Raffaele Cortese le aveva dato una banconota da diecimila lire poco dopo la fuga. La polizia inizia a monitorare discretamente la zona di via Panebianco, sicura che “U Zorru” prima o poi tornerà a casa.
Il confronto con Muzzillo e l’arresto di Luigi Palermo
Nel frattempo, Luigi Palermo, ignaro delle indagini, riceve la visita di Francesco Muzzillo, un conoscente che cerca di ottenere una parte del bottino. Quando la polizia viene a sapere di questo incontro, arresta Muzzillo, che decide di collaborare e conferma la versione di Paolina Polimeni.
Grazie a questa testimonianza, la polizia è pronta a procedere con l’arresto di Palermo. Pur dichiarandosi innocente e negando di conoscere Muzzillo, “U Zorru” viene incriminato insieme agli altri membri della banda.
La cattura dei complici e il processo
Dopo un’intensa caccia all’uomo, la polizia riesce finalmente a catturare anche Mario Banditelli e, qualche mese dopo, Raffaele Cortese. Nel febbraio del 1950, il processo si conclude con una condanna per tutti i partecipanti. Antonio Marino, che aveva aiutato Banditelli a fuggire, viene accusato di favoreggiamento; Palermo, Banditelli e Cortese vengono condannati per furto, e Muzzillo per ricettazione.
Con questo processo, Luigi Palermo inizia ufficialmente la sua carriera nella criminalità. La sua figura, destinata a divenire simbolica, prende forma in un ambiente difficile e violento, dove “U Zorru” inizia la sua ascesa nel mondo malavitoso che segnerà gli anni a venire a Cosenza.