Un fiore strappato al mondo mentre ancora doveva sbocciare: muore Roman Akimov, il “soldato bambino” di Putin, appena diciottenne, combattendo accanto all’esercito russo in Ucraina. Il viso pulito di un ragazzino, gli occhi che ancora vorrebbero prendere il mondo a morsi, lo si vede così nelle foto postate sui social: un ragazzo troppo giovane per essere gettato al fronte, a combattere in mezzo ad altri, che sono solo numeri all’interno di un conflitto che non guarda in faccia nessuno.

Roman è una delle oltre ventimila vittime militari tra le fila dei russi, ma si colloca come il più piccolo tra gli arruolati. Era arrivato al fronte da Krasnoyarsk in Siberia, luogo in cui ha trovato la morte.

Del suo corpo non rimangono che resti sparsi e mutilati, identificati successivamente attraverso le analisi del dna. I genitori Evgenia e Ivan hanno saputo della morte del figlio solo tre settimane dopo, dopo averlo sentito telefonicamente il 15 marzo, da come testimonia la sorella Natalia.

La famiglia era ignara di ascoltare per l’ultima volta la voce di Roman, volato per sempre via, in uno sterminio di esseri umani, che non ha ne vinti ne vincitori, ma solo vittime.