Suora
Suora con la tunica girata di spalle

Mirella Muia, oggi conosciuta come suor Mirella, è una figura che ha vissuto una trasformazione radicale nella sua vita. Nata in Calabria, ha iniziato la sua carriera come accademica di grande successo alla Sorbona, l'illustre università di Parigi, dove ha lavorato come ricercatrice dal 1977 al 1989. Per oltre vent'anni, è stata atea, non credendo in Dio e cercando risposte e significato nella cultura e nell'arte, senza mai trovare una vera soddisfazione spirituale. Tuttavia, la sua vita prese una svolta drammatica quando decise di abbandonare la sua carriera e la vita in una delle città più cosmopolite del mondo per tornare nella sua terra natale e cercare la pace interiore in un eremo abbandonato.

Un passato travagliato e la ricerca di sé stessa

La vita di suor Mirella non è stata priva di sfide. In giovane età, si sposò, ma il matrimonio durò solo un mese. Dalla relazione nacque una figlia, con la quale mantenne un forte legame, nonostante la scelta futura di diventare una monaca eremita. Oltre alla fine del matrimonio, dovette affrontare una dura battaglia contro una grave malattia, un'esperienza che probabilmente la spinse ulteriormente verso la ricerca di un senso più profondo nella vita.

Per molti anni, Mirella si era dedicata alla ricerca intellettuale e accademica, ma sentiva che qualcosa mancava. Il prestigio della Sorbona e la cultura non erano sufficienti a colmare il vuoto che sentiva dentro di sé. Questa ricerca interiore, che aveva ignorato per anni, iniziò a manifestarsi con maggiore intensità, portandola a compiere una scelta radicale: ritirarsi dal mondo accademico e tornare nella sua amata Calabria.

Il ritorno in Calabria e la vita monastica a Gerace

La decisione di Mirella di ritornare in Calabria fu guidata dalla sua crescente necessità di ritrovare un senso di appartenenza. Siderno, la sua città natale, e Gerace, dove decise di stabilirsi, rappresentavano per lei la possibilità di riscoprire le sue radici e di trovare un nuovo modo di vivere, in sintonia con il silenzio e la spiritualità. Nel 2007, l’allora vescovo monsignor Giancarlo Bregantini la consacrò monaca eremita diocesana e le affidò l’eremo dell’Unità, situato nella chiesa di Santa Maria di Monserrato a Gerace.

Suor Mirella Muià

L’eremo di Gerace, un tempo abbandonato, era un luogo molto discusso, conosciuto non solo per il suo isolamento, ma anche per il degrado che lo circondava. L’area era diventata un centro di spaccio di droga, con un forte interesse da parte delle cosche criminali. Inoltre, due ragazzi erano stati brutalmente uccisi in un uliveto vicino all’eremo, un evento che lasciò un’ombra oscura sulla zona.

Nonostante queste circostanze, Mirella ignorava completamente la storia criminale del luogo quando decise di stabilirsi lì. La sua decisione suscitò scalpore e diffidenza tra gli abitanti del luogo, che non la conoscevano e faticavano a comprendere la sua scelta di vita. La sua indipendenza da una congregazione religiosa e il fatto che avesse una figlia la rendevano una figura anomala e, per molti, inaccettabile.

Le sfide iniziali e la determinazione a rimanere
I primi anni di vita a Gerace furono estremamente difficili per suor Mirella. La comunità locale, inizialmente diffidente, non la accettava pienamente. Le persone evitavano di parlare con lei e non condividevano informazioni sulle dinamiche criminali che affliggevano la zona. Tuttavia, Mirella non si lasciò scoraggiare. Anzi, la sua determinazione a rimanere nell’eremo e a rispondere alla sua chiamata spirituale si rafforzò. Quando il vescovo le offrì la possibilità di trasferirsi nel seminario di Locri per una vita più comoda e sicura, lei rifiutò fermamente, ritenendo fondamentale rimanere nell’eremo di Gerace.

Col tempo, Mirella iniziò a integrarsi nella comunità e a riqualificare l'eremo. La sua presenza divenne un punto di riferimento per molte persone che, attratte dalla sua spiritualità e dal luogo di pace che stava ricostruendo, cominciarono a visitare l’eremo. Il passaggio dalla diffidenza all'accettazione fu lento, ma costante.

Una vita di solitudine e accoglienza
Mirella Muia, ora conosciuta come suor Mirella, vive una vita in solitudine, immersa nella preghiera e nella meditazione. Ma, come spiega lei stessa, la sua non è una fuga dal mondo. Al contrario, considera la sua scelta di vita come un modo per accogliere il mondo in una forma più profonda e autentica. L’eremo di Gerace è diventato un luogo di accoglienza per chi cerca pace interiore, silenzio e un momento di riflessione spirituale.

Suor Mirella ospita regolarmente persone che desiderano fare ritiri spirituali presso l’eremo. Molti di loro arrivano con la speranza di trovare risposte alle proprie domande esistenziali, e la stessa Mirella non ha dubbi sul motivo per cui queste persone vengono da lei: anche loro, come lei un tempo, sono alla ricerca di qualcosa. Il silenzio e la bellezza dei luoghi, uniti alla sua guida spirituale, offrono ai visitatori un’opportunità per staccarsi dal caos della vita quotidiana e riconnettersi con ciò che è veramente importante.

Un legame profondo con l’Oriente
Oltre alla sua forte connessione con il territorio calabrese, suor Mirella ha sviluppato una particolare affinità con l’Oriente, sia in termini spirituali che geografici. Dall’eremo di Gerace, può contemplare l’orizzonte che si estende verso la Turchia, la Siria, il Libano e la Palestina, terre che sente vicine al suo cuore. Questo legame con l’Oriente è parte integrante della sua spiritualità, che si nutre non solo della tradizione cristiana, ma anche di una visione del mondo aperta a diverse culture e prospettive.

Conclusione: una vita di trasformazione e di spiritualità ritrovata
La storia di suor Mirella è quella di una donna che ha compiuto un percorso straordinario, attraversando momenti di grande dolore e difficoltà, fino a trovare la pace in un luogo inaspettato. Il suo passaggio dalla vita mondana e accademica alla solitudine dell'eremo di Gerace riflette un viaggio interiore di ricerca, scoperta e, infine, accettazione.

Nonostante i pericoli e le difficoltà legate al contesto criminale che circondava l'eremo, suor Mirella ha dimostrato un coraggio straordinario nel rispondere alla sua vocazione. La sua storia è un esempio di come la spiritualità e la fede possano nascere e crescere anche nelle condizioni più difficili, trasformando non solo la vita individuale, ma anche l’ambiente circostante. Oggi, il suo eremo è un luogo di rifugio e serenità, simbolo della capacità di trasformare il dolore e la solitudine in strumenti di accoglienza e amore