Dal controllo sui bar, ristoranti e negozi di frutta e verdura fino al furto dei raccolti, il volume d’affari delle agromafie è salito a 24,5 miliardi di euro con attività che riguardano l’intera filiera del cibo, approfittando anche della crisi causata dall’emergenza coronavirus. E’ quanto afferma la Coldiretti in una nota stampa in riferimento all’operazione denominata “Pedigree”della Polizia di Stato, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, che ha portato all’arresto di 12 presunti elementi di vertice, luogotenenti e affiliati alle cosche della ‘ndrangheta Serraino e Libri, accusati di aver impiegato i proventi delle attività illecite in esercizi commerciali attivi nel campo della ristorazione e della vendita di frutta, intestandoli a sodali o a prestanomi allo scopo di eludere il sequestro con l’applicazione delle disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali. L’agroalimentare - continua la nota stampa -  è divenuto una delle aree prioritarie di investimento della malavita che ne comprende la strategicità in tempo di crisi economica perché – sottolinea la Coldiretti – consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana della persone. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione le agromafie impongono la vendita di determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della mancanza di liquidità, arrivano a rilevare direttamente grazie – continua la Coldiretti – alle disponibilità di capitali ottenuti con il commercio della droga. Un fenomeno che minaccia di aggravarsi ulteriormente per gli effetti della pandemia che potrebbe spingere le imprese a rischio a ricorrere all’usura per trovare i finanziamenti necessari. In questo modo la malavita si appropria – sottolinea la Coldiretti – di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma anche compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy. Ma è drammatico anche il moltiplicarsi delle razzie nei campi, per un bottino stimato in 300 milioni di euro all’anno che finisce sul mercato nero ed alimenta i canali dell’abusivismo e dell’illegalità. Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione e Coldiretti propone la riforma dei reati in materia agroalimentare anche perché. “l’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali rendono ancora più pericolose le frodi agroalimentari che per questo vanno perseguite con un sistema punitivo più adeguato approvando le proposte di riforma dei reati alimentari presentate da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie”.