Avrebbe diffuso dei documenti secretati su crimini di guerra commessi dalla forze americane in Iraq e Afghanistan: il giornalista, cofondatore e caporedattore di WikiLeaks, Julian Assange è stato estradato dal Regno Unito agli USA, secondo un ordine della Westminster Magistrates' Court di Londra, dove rischia una pesantissima condanna.

Secondo “il Fatto Quotidiano”, la “deportazione” di Assange sarebbe una vera e propria “esecuzione”, considerando le pene attualmente in atto per ciò che riguarda l’hackeraggio e lo spionaggio negli Stati Uniti - l’“Espionage Act” del 1917 – che prevedono una pena di 175 anni di carcere, secondo una legge fino ad ora mai invocata.

Bisogna considerare che Assange è solito far rumore: il giornalista, attraverso la sua piattaforma divulgativa, ha imbarazzato parecchi Paesi del mondo, smascherando segreti di rilevanza mondiale, soprattutto nei confronti degli Stati Uniti. Tale vibulgazione, se da una parte lo hanno reso “un’eroe dell’informazione trasparente”, dall’altra lo hanno condannato ad essere identificato come “il nemico pubblico” degli USA.

E’ proprio per questo che il trasferimento forzato nella Grande Mela è sembrata essere la soluzione ideale per “zittire” un “soggetto scomodo” per le grandi potenze.

Ma cosa ha scoperto Assange sugli Stati Uniti?

I documenti incriminati riguardavano alcune notizie fornite dal militare Chelsea Manning relative alle guerre in Afghanistan e in Iraq, in merito a morti di civili scomparsi, di un’unità segreta incaricata di far sparire, uccidendo o fermando, qualsiasi talebano anche senza processo e, soprattutto, di uno scenario completamente diverso con quello presentato dalla politica americana ai cittadini relativo alla politica estera, come con il Pakistan, definito alleato e invece accusato di collaborare con al Qaeda.

Inoltre, sono stati resi pubblici numeri di morti mai registrati e torture inflitte ai prigionieri delle milizie irachene che venivano totalmente ignorate dagli americani.


Attualmente si sono mosse diverse azioni a sostegno del giornalista, poichè l'atto di estradizione comporterebbe gravi rischi di violazioni dei diritti umani.