Elezioni Umbria: Salvini esulta. Adesso l’obiettivo è l’Emilia
Ha stravinto Donatella Tesei ma, paradossalmente, non è questo il vero dato politico del voto umbro. Un po’ per reazione agli scandali che hanno travolto la precedente giunta rossa, un po’ perché il centrodestra già controlla i centri nevralgici della regione, il successo della coalizione dell’avvocatessa nonché ex senatrice leghista era scontato. Molto più importante, infatti, tanto per i vincitori quanto per gli sconfitti, è la distanza tra i due candidati. E le prime proiezioni raccontano di un clamoroso trionfo per la destra, che sopravanza di una ventina di punti gli avversari, con il popolo umbro che porta Salvini sugli scudi: la Lega si piazza tra 36 e 38%. "Conte che ha detto “questo voto non conta nulla” è un omino – se la ride il Capitano – Per me questa regione oggi è il mondo. Abbiamo fatto un’impresa storica. A Roma devono riflettere: gli italiani non apprezzano questi esperimenti".
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Naturalmente, le ricadute più pesanti di una prova elettorale che assume per forza di cose connotati che vanno oltre i confini della regione ricadranno sulla coalizione di governo. Ma si tratta di un passaggio fondamentale anche per il centrodestra. Nei quindici mesi di governo giallo-verde ma anche nelle ultime settimane l’Italia si è trovata di fronte a una coalizione per così dire ‘carsica’, che appariva e scompariva a seconda che si trattasse di un quadro regionale o nazionale. Stavolta, però, è diverso. Proprio per il carattere che ha assunto questo voto tutto lascia pensare che le regionali umbre battezzino una coalizione destinata d’ora in poi a presentarsi insieme ovunque fino alle elezioni politiche. Che – nei calcoli di Salvini – non dovrebbero essere poi troppo distanti specie se, a questa vittoria, si aggiungesse un bis in Emilia- Romagna. "Se davvero abbiamo il doppio dei voti del Pd, qualcuno di abusivo al governo già ci sarebbe. Conte a casa lo dicono gli italiani", avverte il leghista.
Dai primi dati del voto di lista emerge un centrodestra molto diverso da quello del 2018 e, forse, anche da quello che si sarebbe potuto presentare agli italiani in ottobre se le Camere fossero state sciolte in agosto. Forza Italia, infatti, in quella destra avrebbe svolto una funzione di freno e di controllo grazie alla postazione strategica di secondo partito dell’alleanza, ancorché assai più debole del Carroccio. Ora invece salta agli occhi che la situazione sta subendo una profonda trasformazione. Quella postazione strategica, infatti, l’occupa ogni giorno di più non il partito più moderato ma quello più radicale della coalizione: FdI. E l’accelerazione regalata dalle urne che vede questo partito attestarsi tra il 10 e l’11 nelle proiezioni notturne conferma il processo di inversione dei ruoli tra le due forze, con una coalizione più salviniana e sovranista di quanto non sia mai stata.
"Conquistata la roccaforte della sinistra, ora liberiamo l’Italia", promette la Meloni, che chiede a Conte di "andare a casa". Va da sé che questa è una mutazione genetica che non può non creare turbolenze e difficoltà nel partito azzurro che ora oscilla intorno al 6 per cento. Qualche berlusconiano sottolinea come la lista della Tesei abbia sottratto consenso al partito. Forse c’è del vero, però da tempo Forza Italia appare avvitata in una crisi senza sbocco. Ragion per cui a fronte dell’ennesimo risultato deludente, c’è chi prevede un fuggi, fuggi degli azzurri tra le braccia accoglienti di Renzi o della Meloni. Ma c’è pure chi, per ora, pensa di restare intenzionato a dare battaglia all’interno del partito, sperando ancora in un sussulto d’orgoglio anti-leghista di Arcore. Ma non trova sponde: rovesciando una tradizione sempre seguita, Berlusconi dice, pardon cinguetta la sua nella notte elettorale: "Dall’Umbria una svolta storica. La nostra alleanza è il futuro dell’Italia e ha il diritto-dovere di governare il Paese".