Narcotraffico internazionale, le rivelazioni del pentito D’Ambrosio scuotono le procure di Firenze e Catania
Considerato vicino alla cosca calabrese dei Molè, D’Ambrosio avrebbe operato a stretto contatto con Ernesto Madaffari, figura apicale della ‘ndrina.

Un nome emerso con prepotenza dalle ultime inchieste sul traffico internazionale di stupefacenti è quello di Errico D’Ambrosio, 41enne originario di Cercola, ex uomo chiave nelle rotte della cocaina tra il Sud America e l’Italia. Oggi collaboratore di giustizia, il suo racconto ha aperto nuovi scenari investigativi su due snodi fondamentali del narcotraffico: i porti di Livorno e Catania. Considerato vicino alla cosca calabrese dei Molè, D’Ambrosio avrebbe operato a stretto contatto con Ernesto Madaffari, figura apicale della ‘ndrina. Le sue dichiarazioni, raccolte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze, delineano una rete criminale complessa, in cui agivano in sinergia esponenti della ‘ndrangheta, narcotrafficanti albanesi e soggetti legati alla Sacra Corona Unita del foggiano.
Le mani sul porto di Livorno
Secondo gli inquirenti toscani, D’Ambrosio avrebbe partecipato direttamente ad almeno due tentativi di esfiltrazione di cocaina dal porto di Livorno nel 2022. La droga, acquistata in Sud America, veniva importata con container modificati. Le operazioni venivano coordinate attraverso telefoni criptati di provenienza israeliana, acquistati in Spagna per cifre intorno ai 5.000 euro, per evitare intercettazioni. L’uso di questi dispositivi e la fitta rete di contatti emersa dalle sue dichiarazioni hanno consentito di ricostruire le dinamiche dei traffici e individuare i finanziatori dietro le spedizioni.
La svolta catanese
Il nome di D’Ambrosio compare anche nell’ambito di una recente inchiesta della DDA di Catania, incentrata su un ingente carico di cocaina – oltre 100 chili – destinato al porto etneo. L’operazione, poi fallita a causa dell’intervento della Guardia di Finanza, avrebbe visto coinvolti diversi soggetti, tra cui Giuseppe Curciarello, detto "Paco", e Angelo Sanfilippo, entrambi attualmente sotto processo. Il collaboratore ha raccontato ai magistrati di essere stato contattato nel maggio 2022 per risolvere un problema tecnico legato al container che trasportava la droga: la lamiera superiore si era distaccata, rendendo rischioso il recupero. Un tentativo maldestro di riparazione con del nastro adesivo sarebbe stato il motivo del fallimento dell’operazione. D’Ambrosio ha anche riferito che il carico era destinato a clan mafiosi catanesi, presumibilmente legati alle famiglie Laudani o Mussi.
Legami trasversali: Camorra, ‘ndrangheta e broker internazionali
Non solo Calabria. Il pentito ha spiegato di essersi trasferito a Napoli dopo la sua scarcerazione, sotto la tutela del clan Amato-Pagano, ex "scissionisti" della camorra, con il consenso dei Molè. Qui avrebbe avviato nuove attività illecite, mantenendo i contatti con le organizzazioni calabresi. Tra i nomi citati da D’Ambrosio anche quelli dei broker internazionali Raffaele Imperiale e Bruno Carbone, già noti alle cronache giudiziarie per la loro rete globale di traffico di stupefacenti.
Un racconto chiave per le procure
Le rivelazioni di D’Ambrosio, iniziate ufficialmente il 2 febbraio 2024, sono ritenute dagli inquirenti decisive per comprendere non solo le dinamiche operative del narcotraffico in Italia, ma anche le interconnessioni tra le diverse organizzazioni criminali. L’indagine ha già portato a numerosi arresti e continua ad aprire nuovi filoni investigativi tra Calabria, Sicilia, Toscana e Campania.