Donne invisibili, il lavoro sommerso e sottopagato delle donne braccianti
Sono madri, sono figlie, sono donne che chiedono solo un po' di dignità. C’è una vasta zona in Calabria, nell’Arco Ionico, dove il clima favorisce le coltivazioni per le produzioni ortofrutticole, che richiede un grandissimo lavoro suddiviso tra i vari braccianti e coltivatori.
Le piccole mani e la predisposizione naturale alla cura è molto richiesta all’interno del settore agricolo, che vede la necessità di assumere un vasto numero di donne, provenienti da tutta Europa.
E’ proprio in questi luoghi che vengono consumati diversi e numerosi abusi, lasciando emergere come, ancora una volta, il ruolo della donna venga oggettificato e sfruttato.
Molestie sessuali, ricatti, paghe da fame, liste nere: è questo quanto emerge nei racconti delle braccianti, le “donne invisibili” che descrive Actionaid.it, organizzazione che agisce contro la povertà e l’ingiustizia, in un report che disegna e definisce l’enorme disuguaglianza all’interno di questi contesti.
“Nelle campagne le donne arrivano a guadagnare anche solo 25/28 euro al giorno – si legge nel report - mentre gli uomini ne ricevono 40. Inoltre, la pratica dei datori di lavoro sleali di dichiarare in busta paga un numero inferiore di giornate rispetto a quelle lavorate impedisce alle donne non solo di accedere all’indennità di infortunio, malattia e disoccupazione agricola, ma anche a quella di maternità.”
Le donne in gravidanza, infatti, non vengono agevolate in nessun modo, anzi, costrette allo sforzo del lavoro dei campi, vengono sfruttate in maniera disumana da ogni punto di vista. Il genere viene considerato solo quando si tratta di paga, perché per ciò che riguarda la fatica e il peso lavorativo ogni donna deve adattarsi a ciò che si deve fare.
Trattate come oggetti, queste donne hanno il bisogno di essere ascoltate, di essere tutelate, di avere una rivincita su ciò che stanno subendo.
“Il modello agricolo attuale non è sostenibile, né per le lavoratrici a rischio o in condizioni di sfruttamento, né per le tante imprese che rispettano le regole nonostante le molte difficoltà che il mercato e la concorrenza sleale impone loro. - spiega Grazia Moschetti, responsabile dei nostri progetti nell’Arco Ionico - Abbiamo bisogno di cambiare prospettiva, mettendo al centro i bisogni delle lavoratrici agricole come cittadine e come persone che ad oggi sono escluse dai più basilari servizi di welfare e più in generale dai processi democratici delle comunità di appartenenza. Servono spazi pubblici di confronto dedicati alle donne, costruiti da loro e supportati da tutte le parti in causa, dalle imprese alle associazioni. Solo con il contributo di tutti - come sta accadendo nell'Arco ionico - possiamo coltivare relazioni positive dentro e fuori i luoghi di lavoro. Le operaie agricole non possono più essere escluse o lasciate ai margini degli interventi delle istituzioni, ad oggi attuati senza una chiara prospettiva di genere. Continuare a farlo significa non mettere fine deliberatamente alle violazioni dei diritti e alle violenze che subiscono”