Silvia, l’archeologa che non ha mai mollato: "Il mio sogno è riemerso a Sibari, tra bici e campeggi"
Silvia, 37 anni, archeologa “con il cuore e con la testa”, è una di quelle persone che non hanno mai smesso di credere in un sogno, anche quando tutto sembrava remare contro.

Dopo dieci anni di lavori precari e sacrifici, Silvia, archeologa friulana trapiantata a Perugia, ha finalmente coronato il sogno di una vita: lavorare per il patrimonio culturale italiano. Ma per arrivarci, ha dovuto attraversare molto più di qualche scavo. Ci sono storie che sembrano scritte da un autore con una passione per l’avventura, ma sono solo la realtà, raccontata da chi l’ha vissuta. Silvia, 37 anni, archeologa “con il cuore e con la testa”, è una di quelle persone che non hanno mai smesso di credere in un sogno, anche quando tutto sembrava remare contro. Dopo anni di studi itineranti tra Venezia, Firenze, Milano, Bologna e Pisa, il percorso di Silvia si è fermato in Friuli, la terra natale, e poi a Perugia, dove la vita familiare e la necessità di lavorare l’hanno spinta lontano dai cantieri archeologici. Ha fatto un po’ di tutto: barista, commessa, call center, operaia agricola, teatrante. Ma sempre con lo sguardo rivolto verso il mondo che amava: quello delle antiche civiltà. “Cercavo di rientrare, come si dice dalle mie parti, “de scondon” ossia di lato, di sponda... ma non ho mai mollato”. Partecipa a concorsi culturali di ogni tipo, anche lontani dalla sua formazione, pur di avvicinarsi. Poi, nel 2023, una svolta inaspettata: si accorge all’ultimo momento di essere iscritta a un concorso per funzionari archeologi, si precipita a fare la prova scritta, supera miracolosamente anche l’orale (studiando tra i popcorn di un cinema e le sale della Biblioteca Nazionale Romana), e finalmente ce la fa: entra nella graduatoria.
Il sogno si avvera… in Calabria
“Attenta a cosa desideri, perché potrebbe avverarsi”, scrive Silvia, citando ironicamente una frase che le torna in mente quando, a giugno 2024, riceve la convocazione: è stata assegnata a Sibari. Un parco archeologico prestigioso, certo, ma raggiungerlo si rivela un’impresa: mezzi pubblici inesistenti, strade pericolose da attraversare in bici, taxi da 20 euro a corsa. E poi l’accoglienza calorosa dei… cani randagi in località Lattughelle.
Vita da campeggio (e da guerriera)
Silvia inizia la sua avventura dormendo in una tenda Quechua, tra zanzare grandi come topi e vicini di piazzola dotati di congelatori e ventilatori. Lei è lì per lavorare, ma sembra un personaggio uscito da un festival indie. Sangue freddo e testa alta, Silvia non demorde, pur di raggiungere il suo obbiettivo è pronta a tutto. “Sembravo la pezzente del campeggio, ma in realtà stavo inseguendo un sogno”.

E in effetti non si ferma. Pedala ogni giorno verso il museo, tra sole, vento, inseguimenti sospetti da parte di auto misteriose, e un’infrastruttura urbana che scoraggerebbe anche i più tenaci. Ma Silvia resiste. Grazie allo smart working ottiene un minimo di equilibrio: passa tre giorni a Sibari e il resto della settimana a Perugia, da dove fa la spesa e si porta persino il cibo, per affrontare una quotidianità fatta di economia creativa, stanchezza, solitudine e resilienza.
Un parco vivo, un’anima che resiste
In tutto questo, la salvezza è proprio il luogo del lavoro: il Parco Archeologico di Sibari, una realtà che Silvia definisce “vibrante, viva, piena di voglia di fare”. Un faro acceso in un territorio che, fuori stagione, si svuota e sembra dimenticato. “L’inverno a Marina di Sibari è fatto di bar chiusi, supermercati a orario intermittente e una solitudine pesante. Ma ora che torna la bella stagione, si rivede la civiltà”. Con grande forza d’animo, Silvia ha trovato una casa, una bicicletta più affidabile, e soprattutto una dimensione. Aspetta con ansia l’estate, quando potrà portare con sé sua figlia, il cane, il gatto, e costruire finalmente una quotidianità più stabile, più piena, più felice. Ma senza dimenticare da dove è partita.

“Sono arrivata dormendo per terra. E proprio per questo, questo traguardo ha un valore immenso. La fatica dà valore. Sempre.” Silvia è una di quelle storie che ci ricordano quanto coraggio, tenacia e spirito di adattamento ci vogliano per lavorare nella cultura in Italia. Non basta amare il passato: bisogna essere pronti a lottare nel presente. Ma lei lo ha fatto. E continua a farlo. Con il sorriso, la bici, e un cuore pieno di civiltà antiche.