Blitz contro cosche del lametino: 59 arresti, 50 in carcere e 9 ai domiciliari
"La cosca Cracolici di Maida ha occupato gli spazi lasciati liberi dalla cosca Anello in seguito all'operazione Imponimento".
La cosca Cracolici occupa il vuoto lasciato dagli Anello: 59 arresti
La cosca Cracolici di Maida ha approfittato del vuoto lasciato dalla cosca Anello, indebolita dall’operazione "Imponimento", per espandere il proprio controllo sul territorio. A sottolinearlo è stato il procuratore facente funzioni di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, durante la conferenza stampa sull’operazione che ha portato all’arresto di 59 persone.
Un territorio strategico tra Catanzaro e Vibo Valentia
Secondo il colonnello Giuseppe Mazzullo, comandante provinciale dei Carabinieri di Catanzaro, la cosca Cracolici aveva esteso il proprio raggio d’azione fino a Cortale, Lamezia e Girifalco, aree considerate una "cerniera" strategica tra le province di Catanzaro e Vibo Valentia. Oltre al traffico di droga, il clan era attivo nello sfruttamento delle risorse boschive nei comuni delle aree interne del Catanzarese.
Rapporti corruttivi e connivenze con le forze dell’ordine
L’ordinanza di misure cautelari descrive come i Cracolici mantenevano rapporti di natura corruttiva con esponenti delle forze dell’ordine. Tra i nomi citati figura Vincenzo Pulice, comandante della Stazione Carabinieri di Maida, e alcuni militari della Stazione Forestali di Girifalco. Questi avrebbero garantito controlli blandi, se non inesistenti, sulle attività illecite legate al taglio boschivo e alle coltivazioni di canapa sativa gestite dalla cosca. Anche Antonio Schiccitano, ex militare della Forestale di Girifalco, è stato accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Blitz contro cosche del lametino
Coltivazioni di droga e legami con i clan crotonesi
"La cosca, grazie alle relazioni con i clan crotonesi, aveva realizzato una piantagione di marijuana anche a Maierato," ha dichiarato il procuratore Capomolla. L’organizzazione si avvaleva di favoreggiatori pronti a fornire falsa testimonianza per scagionare i propri membri, come Moreno Mastrantuono, che si è tatuato sul braccio il soprannome "Palermo", un riferimento alle origini siciliane della cosca.
Indagini partite da un arresto nel 2021
Il comandante del Gruppo Carabinieri di Lamezia Terme, Gianluca Zara, ha spiegato che l’inchiesta è iniziata nel 2021 con l’arresto di un piccolo spacciatore. "Un controllo apparentemente banale – ha affermato Zara – che ha aperto uno squarcio su una rete criminale più vasta legata al traffico di stupefacenti a Lamezia Terme". In meno di due anni, le indagini hanno portato al sequestro di 4.600 piante di marijuana, infliggendo un duro colpo alle attività del clan.
L’operazione conferma ancora una volta l’importanza delle attività investigative nella lotta alla criminalità organizzata, un sistema capillare che si nutre di connivenze e sfrutta le risorse del territorio per consolidare il proprio potere.
Le cosche del Lametino: il cuore della criminalità organizzata in Calabria
Il Lametino, area strategica della Calabria, è uno dei principali teatri di operazioni della 'ndrangheta. Qui, le cosche locali hanno costruito un complesso sistema di controllo del territorio, influenzando economia, politica e società. Tra i clan più noti spiccano le famiglie Anello, Cracolici e Iannazzo-Cannizzaro-Daponte, che si contendono il predominio in settori come il traffico di droga, l’estorsione e lo sfruttamento delle risorse naturali.
Il territorio del Lametino, grazie alla sua posizione geografica tra le province di Catanzaro, Vibo Valentia e Cosenza, rappresenta una "cerniera" logistica per il controllo delle vie di comunicazione e il traffico illecito di stupefacenti, con ramificazioni nazionali e internazionali. Nonostante i colpi inferti dalle forze dell’ordine e operazioni antimafia come "Imponimento", le cosche del Lametino continuano a rappresentare una delle anime più forti e radicate della 'ndrangheta calabrese.