I 'mestieri che non si trovano più': giovani che non vogliono lavorare o paghe da fame?
Secondo un’indagine del Centro Studi Lavoro e Welfare, il 70% dei giovani tra i 18 e i 35 anni che lasciano la Calabria lo fanno per ragioni economiche.
Negli ultimi anni, la Calabria sta affrontando una crisi occupazionale legata ai lavori manuali e meno qualificati. Mestieri che un tempo erano fondamentali per l’economia locale, come muratori, falegnami, agricoltori, pescatori e operai tessili, stanno scomparendo. Le aziende faticano a trovare manodopera, e spesso si fa fatica a capire se il problema sia la mancanza di voglia di lavorare da parte dei giovani o stipendi troppo bassi.
Il declino dei lavori manuali
Molti mestieri artigianali e lavori umili un tempo garantivano un reddito dignitoso e una stabilità economica. Oggi, invece, sono sempre meno attrattivi per le nuove generazioni, che preferiscono orientarsi verso settori tecnologici o lavori meno faticosi. Le retribuzioni medie di questi mestieri in Calabria sono spesso inferiori ai 1.200 euro netti al mese, con contratti spesso precari e senza garanzie. Per esempio, un operaio edile guadagna in media 1.300 euro, un cameriere circa 1.100 euro, e un agricoltore stagionale anche meno di 1.000 euro al mese. Tuttavia, il problema non è solo il salario, ma anche la qualità delle condizioni di lavoro: orari lunghi, assenza di diritti e tutele limitate.
Giovani e mercato del lavoro: un disinteresse o una necessità economica?
Molti giovani calabresi preferiscono cercare fortuna altrove, emigrando verso il Nord Italia o all’estero. Le condizioni di lavoro dure e la scarsa retribuzione li spingono a scegliere altri percorsi professionali. Il problema principale non è solo la volontà, ma la difficoltà nel riuscire a costruirsi un futuro con stipendi spesso insufficienti a coprire il costo della vita. Secondo un’indagine del Centro Studi Lavoro e Welfare, il 70% dei giovani tra i 18 e i 35 anni che lasciano la Calabria lo fanno per ragioni economiche. Molti dichiarano di non volersi accontentare di lavori sottopagati e di condizioni precarie che non permettono di pianificare un futuro stabile.
Mestieri che gli italiani non vogliono più fare, ma all’estero sì
Un altro aspetto interessante è che questi stessi mestieri sono molto richiesti all’estero, dove le condizioni lavorative e gli stipendi sono più competitivi. In Germania, per esempio, un muratore guadagna circa 3.000 euro al mese, mentre un agricoltore in Francia può arrivare a 2.500 euro. Questo dimostra che il problema non è la mancanza di interesse, ma piuttosto le condizioni offerte nel mercato del lavoro locale. Il settore agricolo italiano, ad esempio, soffre da anni della carenza di lavoratori italiani. Questo ha portato molte aziende a impiegare manodopera straniera, spesso con salari inferiori e condizioni di lavoro meno vantaggiose rispetto ai paesi dell’Europa settentrionale. In Olanda, un operaio agricolo può guadagnare il doppio rispetto a un lavoratore italiano, con migliori garanzie contrattuali.
La difficoltà delle imprese a trovare manodopera
Molti imprenditori lamentano la difficoltà nel trovare personale disposto a svolgere certi lavori. In settori come l’edilizia, la ristorazione e l’agricoltura, è sempre più frequente l’assunzione di manodopera straniera, che accetta condizioni di lavoro meno vantaggiose rispetto ai coetanei italiani. Tuttavia, questo trend potrebbe generare problemi sociali e un impoverimento delle competenze locali. Secondo dati della Confartigianato Calabria, il 65% delle imprese artigiane ha difficoltà a trovare personale qualificato. Le aziende del settore dell’edilizia, per esempio, denunciano una carenza di operai specializzati, mentre nel comparto della ristorazione molti ristoratori faticano a trovare cuochi e camerieri, nonostante la disoccupazione giovanile sia ancora alta nella regione. La mancanza di lavoratori qualificati sta mettendo in crisi settori strategici dell’economia calabrese, rendendo difficile la sopravvivenza di molte attività. Questo fenomeno è accentuato dalla concorrenza dei paesi esteri, che offrono stipendi più alti e migliori condizioni di lavoro, spingendo molti italiani a cercare impiego fuori dai confini nazionali.
Quali soluzioni per il futuro?
Per invertire la tendenza, servirebbero politiche che garantiscano stipendi adeguati e migliori condizioni di lavoro. Incentivi per le aziende, formazione professionale mirata e tutele per i lavoratori potrebbero rendere questi mestieri nuovamente attrattivi per le nuove generazioni. Il rischio, altrimenti, è che molte professioni fondamentali scompaiano, lasciando un vuoto difficilmente colmabile nel tessuto economico calabrese. Una delle soluzioni proposte dagli esperti è l’adeguamento degli stipendi ai livelli europei. Se un muratore in Calabria guadagna meno della metà rispetto a un collega in Germania, sarà inevitabile che i giovani preferiscano emigrare. Un’altra misura necessaria è il potenziamento della formazione professionale per rendere più qualificati i lavoratori locali e offrire opportunità di carriera migliori. Inoltre, bisognerebbe incentivare la stabilità contrattuale. L’elevato numero di contratti a tempo determinato e la precarietà diffusa rendono i lavori manuali ancora meno attrattivi per i giovani, che preferiscono puntare su carriere più sicure e remunerative. Infine, le istituzioni dovrebbero promuovere campagne di sensibilizzazione per valorizzare il lavoro manuale. Spesso questi mestieri sono considerati meno prestigiosi rispetto alle professioni intellettuali, mentre all’estero sono visti con rispetto e considerati parte essenziale dell’economia. Se non si interverrà in modo deciso, la Calabria rischia di perdere competenze fondamentali per il proprio sviluppo economico. Il futuro del lavoro nella regione dipenderà dalla capacità di rendere questi mestieri nuovamente competitivi e attraenti per le nuove generazioni.