Università della Calabria, ragazzi sul ponte.
Università della Calabria, ragazzi sul ponte.

L’Università della Calabria

Con la sua ampia e variegata offerta formativa, è ormai uno dei poli accademici più importanti del Sud Italia. I corsi di laurea attivati negli anni spaziano dalle discipline umanistiche e sociali alle scienze tecnologiche, dall’ingegneria alla medicina, offrendo ai giovani calabresi (e non solo) la possibilità di formarsi in quasi ogni campo del sapere senza dover lasciare la propria terra. Tuttavia, questa eccellenza accademica si scontra con una realtà amarissima: gran parte dei laureati è costretta a cercare lavoro altrove, in Italia o all’estero, poiché il territorio calabrese non è in grado di assorbire le competenze che essi acquisiscono.

La Calabria, con i suoi punti di forza e le sue criticità

Sembra vivere una profonda disconnessione tra il mondo accademico e quello economico e produttivo. Da un lato, si attivano corsi di laurea specialistici e innovativi, pensati per rispondere alle sfide globali. Dall’altro, però, il tessuto economico locale, fatto principalmente di piccole imprese, agricoltura tradizionale e un turismo poco strutturato, non offre sbocchi lavorativi adeguati per questi giovani. La domanda è inevitabile: che senso ha formare specialisti che saranno inevitabilmente costretti ad andare via? La mancanza di una relazione organica tra università e territorio trasforma l’investimento sulla formazione in una perdita netta per la Calabria. Gli studenti che si laureano negli atenei calabresi, spesso con ottimi risultati, finiscono per portare altrove il loro talento e le competenze acquisite, impoverendo ulteriormente una regione che già fatica a trattenere la propria popolazione giovane.

Alla base di questa contraddizione c’è un sistema economico regionale fermo su modelli tradizionali e incapace di adattarsi ai tempi. 

L’assenza di un’industria innovativa e la scarsità di imprese tecnologiche o di ricerca rendono quasi impossibile per un giovane laureato trovare un lavoro qualificato. Anche nei settori dove la Calabria ha potenzialità enormi, come l’agricoltura, il turismo e la cultura, mancano le infrastrutture, i finanziamenti e una visione strategica che permettano di integrare figure professionali formate a livello universitario. L’Università della Calabria ha dimostrato di saper innovare e di adeguarsi alle esigenze della società moderna, ma spesso questa innovazione non trova riscontro nel territorio circostante. Questa disconnessione non è colpa esclusiva dell’università, ma di un sistema politico e imprenditoriale che non riesce a dialogare con il mondo accademico per costruire un percorso di sviluppo condiviso.

In altre regioni italiane 

Le università collaborano attivamente con le imprese locali, creando percorsi di studio pensati per rispondere alle esigenze del mercato del lavoro. In Calabria, invece, manca una pianificazione che colleghi i corsi di laurea alle reali necessità del territorio. Non ci sono abbastanza progetti di ricerca applicata, né incubatori di start-up capaci di valorizzare le idee dei giovani. Le poche iniziative virtuose, spesso nate per la passione di singoli docenti o imprenditori, non sono sufficienti a colmare questo vuoto. Ogni anno, centinaia di giovani lasciano la Calabria con una laurea in mano e il cuore pieno di speranze. Questa “fuga dei cervelli” non è solo una perdita per le famiglie, che hanno investito tempo e risorse nella formazione dei propri figli, ma anche per la regione stessa, che vede svanire il potenziale di una generazione che potrebbe contribuire al suo rilancio. La Calabria, paradossalmente, si trova a formare i professionisti del futuro per altre regioni o paesi, senza riuscire a trattenere nulla del loro valore.

La politica regionale e nazionale non può più ignorare questa realtà. 
 

Serve un piano strategico che colleghi le università al territorio, favorendo lo sviluppo di settori innovativi e incentivando le imprese a investire in Calabria. Occorre creare infrastrutture adeguate, semplificare la burocrazia, sostenere le start-up e promuovere una cultura della ricerca e dell’innovazione. Solo così la Calabria potrà diventare una terra dove i giovani laureati scelgono di restare non per necessità, ma per volontà. La Calabria non può permettersi di continuare a formare specialisti senza creare per loro opportunità reali. È il momento di ripensare il ruolo dell’università non come un’isola scollegata, ma come il fulcro di un sistema che connetta la formazione con lo sviluppo economico e sociale del territorio. Solo così questa terra potrà trattenere i suoi giovani e costruire un futuro più prospero e giusto.