Crolla l'impero, sequestrati beni per sei milioni di euro a noto 'ndranghetista
Un colpo alla cosca
Un maxi-sequestro di beni, per un valore complessivo di sei milioni di euro, ha colpito R. B. , 84 anni, considerato il patriarca indiscusso della famiglia mafiosa omonima di Platì. L’operazione, condotta dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) di Reggio Calabria, ha portato al congelamento di un vasto patrimonio che comprende attività commerciali, immobili e terreni, tutti riconducibili al capostipite della cosca. Il provvedimento è stato emesso dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta del procuratore Giuseppe Lombardo e del direttore della DIA.
La ricostruzione di un patrimonio illecito
Gli investigatori, guidati dal colonnello Mario Intelisano, hanno ricostruito minuziosamente le acquisizioni patrimoniali del noto 'ndranghetista, risalendo fino al 1961. Secondo gli inquirenti, il valore del patrimonio accumulato era nettamente sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati, evidenziando la probabile origine illecita dei beni. Tra le proprietà sequestrate figurano cinque società, di cui tre operanti nel settore agricolo, un circolo privato e un ristorante. Quest’ultimo, secondo le indagini, sarebbe stato teatro di eventi di grande rilievo criminale, come matrimoni tra membri di spicco della ‘ndrangheta, durante i quali si sarebbero sanciti accordi e nomine ai vertici dell’organizzazione.
Un potere che si estende oltre i confini
Il ruolo di R. B. non si limita al territorio calabrese. La sua famiglia, secondo le autorità, ha consolidato la propria influenza in tutta Italia e persino all’estero, con diramazioni in Canada, Australia e diverse nazioni europee. La sua capacità di mantenere il potere per oltre cinque decenni, mediando tra le diverse ‘ndrine, gli ha conferito un’aura di leader carismatico e temuto. Questa capacità gli ha permesso di sopravvivere a scontri interni e di emergere come una figura chiave per il controllo dei traffici illeciti, soprattutto di stupefacenti, e degli appalti pubblici, specialmente nel Nord Italia.
Le operazioni giudiziarie
R.B. è stato al centro di numerose operazioni di polizia che hanno colpito la ‘ndrangheta nel corso degli anni. Tra queste, si ricordano le operazioni “Reale”, “Marine”, “Mandamento Ionico” e “Saggezza”, che hanno portato alla sua condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso. Una delle accuse più gravi che gli sono state mosse riguarda il suo presunto coinvolgimento nell’omicidio di P. M., un giovane astro nascente della ‘ndrangheta, assassinato in Piemonte. Egli - infatti - rappresentava una minaccia agli equilibri interni della famiglia B. e alla sua alleanza con un potente gruppo criminale con interessi comuni nel traffico internazionale di droga.
Dall’umiltà al potere criminale
La storia di R.B. inizia in un contesto di estrema povertà. Nato tra i calanchi dell’Aspromonte, ha trascorso l’infanzia come pastore, accudendo greggi di capre. Ma già negli anni ’60, le sue qualità criminali lo portarono a emergere tra le nuove leve della ‘ndrangheta, diventando rapidamente un punto di riferimento per la gestione degli equilibri all’interno dell’organizzazione. La sua ascesa si è intrecciata con la trasformazione della ‘ndrangheta in una macchina internazionale del crimine, capace di operare su più fronti, dal narcotraffico al riciclaggio di denaro.
Il ruolo delle proprietà sequestrate
Il sequestro del patrimonio di B. rappresenta un duro colpo per la sua famiglia e per l’organizzazione criminale nel suo complesso. Le attività colpite non erano solo fonti di guadagno, ma anche strumenti per rafforzare i legami sociali e criminali della cosca. Il ristorante sequestrato, per esempio, non era un semplice luogo di ristoro, ma un simbolo del potere e della capacità della famiglia di influenzare e controllare il territorio.
Un sistema radicato e ramificato
L'omonima cosca è una delle realtà più radicate nel panorama criminale calabrese. Conosciuta anche come “i nigri”, la famiglia è stata protagonista di una serie di alleanze strategiche che le hanno permesso di espandere la propria influenza ben oltre Platì. Questi legami, spesso sanciti da matrimoni tra esponenti di diverse famiglie, hanno garantito un controllo quasi incontrastato su attività illecite e settori economici strategici.
La sua figura secondo gli inquirenti
Fonti investigative descrivono R.B. come una figura “decisionista, scaltro e dotato di elevate relazioni istituzionali”. Questo profilo ha contribuito a costruire una rete di potere capace di resistere per oltre cinquant’anni, nonostante le continue operazioni delle forze dell’ordine. La sua capacità di mediazione lo ha reso un interlocutore imprescindibile per mantenere la pace tra le diverse fazioni della ‘ndrangheta, sia in Calabria che nei suoi rami internazionali.
La lotta alle mafie passa per i patrimoni
Il sequestro di beni rappresenta una delle strategie più efficaci nella lotta contro le organizzazioni mafiose. Colpire i patrimoni illeciti significa privare le cosche delle risorse necessarie per finanziare le loro attività e consolidare il loro potere. Nel suo caso, il provvedimento rappresenta un segnale chiaro della volontà dello Stato di non lasciare zone d’ombra nel contrasto alla criminalità organizzata.
La sfida per il futuro
Nonostante il colpo subito, la storia della ‘ndrangheta insegna che queste organizzazioni hanno una straordinaria capacità di rigenerarsi. La lotta alla mafia richiede quindi un impegno costante e coordinato, non solo da parte delle forze dell’ordine, ma anche della società civile. Solo attraverso una presa di coscienza collettiva sarà possibile smantellare le basi economiche e culturali su cui si fondano le mafie.
Con questa operazione, le istituzioni ribadiscono il loro impegno nella lotta alla criminalità organizzata, dimostrando che nessuno è intoccabile, nemmeno una figura storica e potente come R.B.