Dopo l’inaugurazione, le polemiche: il caso dei “posti per solventi” nell’ospedale di Cosenza.
Ma cosa si intende per “posti per solventi”? Un “paziente solvente” è colui che rinuncia al Sistema sanitario nazionale, pagando interamente di tasca propria o tramite un’assicurazione privata le prestazioni ospedaliere.

Non c'è stato nemmeno il tempo di celebrare l'apertura del nuovo reparto di Chirurgia toracica dell'ospedale di Cosenza, diretto da Franca Melfi, eccellenza internazionale rientrata in Calabria, che il clima di entusiasmo si è trasformato in un acceso dibattito. A suscitare polemiche non è stato il nuovo corso del reparto, accolto positivamente da molte parti, ma tre parole che hanno scatenato l'indignazione: “posti per solventi”.
Ma cosa si intende per “posti per solventi”? Un “paziente solvente” è colui che rinuncia al Sistema sanitario nazionale, pagando interamente di tasca propria o tramite un’assicurazione privata le prestazioni ospedaliere. Nel nuovo reparto sono stati previsti quattro posti letto riservati a questa modalità, e ciò ha innescato una valanga di critiche.
Per molti, questa scelta rappresenta un fatto di estrema gravità, che introduce un principio di disparità inaccettabile: quattro pazienti potranno accedere a trattamenti privilegiati, non in base al loro stato di salute, ma alla loro capacità economica. Un'opzione che contrasta apertamente con la realtà di un ospedale già in affanno, dove, su 730 posti letto previsti, solo 425 sono attivi e centinaia di pazienti rimangono bloccati al pronto soccorso per giorni, a causa della carenza di spazi.
Le accuse non si sono fatte attendere:
si tratterebbe di un primo passo verso la privatizzazione della sanità pubblica, una manovra che pone il denaro sopra i diritti fondamentali. In un sistema sanitario calabrese già al collasso, la priorità non può essere la commercializzazione del servizio, ma interventi strutturali per garantire equità e accesso universale alle cure.
La questione non è solo organizzativa, ma anche profondamente sociale.
L’introduzione di posti a pagamento segna una frattura nella sanità pubblica, rischiando di trasformarla in un lusso riservato ai più abbienti. In una regione dove molti cittadini sono già costretti a emigrare per ottenere cure adeguate, il messaggio appare inquietante: chi può pagare riceverà trattamenti rapidi e privilegiati, mentre chi non può permetterselo sarà relegato in lista d’attesa.
Siamo di fronte a un chiaro tentativo di smantellare i diritti primari, dividendo la società in classi sociali.
È una visione anacronistica e pericolosa che mette a rischio la tenuta democratica del nostro sistema sanitario. La priorità deve essere il rafforzamento del servizio pubblico, aumentando i posti letto disponibili e garantendo personale sanitario sufficiente per affrontare le emergenze.
Il timore più grande è che il caso di Cosenza diventi un precedente pericoloso, aprendo la strada a una privatizzazione diffusa della sanità pubblica a livello nazionale, come sembrano indicare le politiche del governo Meloni e l’avallo della Regione Calabria. È un segnale che, secondo i critici, rischia di compromettere uno dei pilastri fondamentali del welfare: l’uguaglianza nel diritto alla salute.