Dalla tipografia industriale che ora produce divisori in plexiglass all’impresa di materassi che realizza mascherine: perché alcune aziende hanno reagito meglio di altre all’emergenza sanitaria?
Uno studio condotto da ricercatori del Dipartimento di Ingegneria meccanica, energetica e gestionale sulle realtà produttive calabresi individua cos’ha permesso alle imprese di rispondere con efficacia alla crisi provocata da Covid-19.

L’universo delle aziende calabresi: dalla frammentazione all’antifragilità
A cura di Vincenzo Corvello, Luigi Filice e Vincenzo Straffalaci

La pandemia da Covid-19 e la conseguente quarantena hanno di fatto sovvertito modelli comportamentali e abitudini ai quali mai avremmo creduto di poter rinunciare così radicalmente e repentinamente. Dare un’occhiata quotidiana a dati e bollettini della Protezione Civile è diventato una prassi che somiglia all’abitudine di consultare il meteo o i risultati sportivi se non fosse che i numeri, in questo caso, raccontano una realtà ben più drammatica.
In tanti ci sforziamo di cogliere in questi dati la luce in fondo al tunnel. E poi ci sono i tanti che provano a essere luce nel tunnel.
Siamo abituati a pensare alle piccole imprese, tanto più quelle calabresi, come entità fragili, esposte a ogni soffio di vento, figurarsi all’uragano che stiamo attraversando. Ci si stupisce nello scoprire che ci sono realtà che si sono già attrezzate per affrontare l’emergenza e uscirne, magari più forti di prima. Lo stupore è frutto della nostra disattenzione probabilmente, perché di realtà imprenditoriali sane e dinamiche ce ne sono molte in Calabria. Realtà che possono fare da battistrada per la ripresa della regione. Un tessuto fatto di una galassia di piccole e medie imprese … antifragili!

Sì, potrebbe sembrare strano, ma proprio nella dimensione di certe aziende e nel genio creativo di certi imprenditori è da ricercare una capacità straordinaria di riconvertire il sistema produttivo, spesso grazie anche a un assist straordinario dell’università più “prossima”, non solo geograficamente, per inventarsi nuovi prodotti e un nuovo mercato, continuando a creare valore, in una società caratterizzata da nuove consuetudini e consumi.

Nei due mesi di lockdown più di un’impresa calabrese ha rivoluzionato il proprio modello di business, spesso con l’aiuto dell’università.

Capita, quindi, di vedere aziende che producevano materassi oggi produrre mascherine, aziende di lavorazione del ferro produrre maschere speciali per i medici dei reparti Covid, ma anche tipografie industriali realizzare su misura divisori in plexiglass per vivere, senza troppo disagio, il distanziamento sociale negli uffici o nei ristoranti, dove potremo finalmente tornare ma senza abbassare la guardia per evitare l’innalzamento della numerosità dei contagi e, quindi, minare il nostro ritorno alla agognata normalità.

Una speculazione? Per niente. Perché fra queste molte lavorano con guadagni minimi, impegnandosi a salvaguardare posti di lavoro, dare un contributo alla comunità e imparare qualcosa di nuovo. Ci sarà tempo più avanti per il profitto.

Ma cos’è che contraddistingue le imprese che hanno questo atteggiamento “antifragile”? Da una indagine condotta dai ricercatori del DIMEG appare che molto è legato all’indole del piccolo imprenditore, abituato normalmente a fronteggiare situazioni di crisi per via della fragilità strutturale della propria azienda e della instabilità dei mercati. Ma questo da solo non spiega tutto. Un ruolo rilevante è giocato dalle università che normalmente affiancano le PMI locali in percorsi di innovazione che consentono di innovare i prodotti e i processi, per poter rimanere competitivi e vincenti nei rispettivi mercati. Comportamenti che in periodi di grandi sconvolgimenti e contrazioni decise del mercato non conducono matematicamente all’azzeramento del business, bensì alla sua riconversione grazie anche alla dimensione che assicura, con una scarsa strutturazione del management e un forte orientamento al risultato, velocità ed efficacia. Conta la forza e la densità delle relazioni fra imprese e fra università e impresa, perché nella crisi non si sa da quale mano potrà venire l’aiuto. Legami forti con l’università locale possono essere una risorsa importante anche per orientarsi nel mondo ricerca nazionale e internazionale, lì dove stanno le soluzioni che l’imprenditore cerca.

Il mondo della politica e quello dell’impresa stanno cercando in vario modo di strutturare un futuro nel quale, almeno in un primo periodo, il parere degli esperti pare convergere sull’idea che dovremo abituarci a convivere con il virus.
Le università italiane, e anche la nostra, hanno raccolto la sfida attrezzandosi immediatamente per sopravvivere a questa crisi inedita nella storia recente, spostando in poche settimane la propria didattica sulla modalità a distanza, quasi un tabù nei tempi recenti.
Il panorama in cui si troveranno a operare le imprese sarà profondamente diverso rispetto a quello di un anno fa. L’agilità e la capacità innovativa delle piccole imprese antifragili possono aiutarle a muoversi velocemente in questo nuovo contesto, sopravvivendo alla crisi e contribuendo a rendere la transizione più rapida e indolore per tutti noi.

Come recita un noto proverbio orientale, particolarmente adatto a questi tempi:
“Quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri, altri (piccoli) mulini a vento”.