Accorpamento dei procedimenti per l'omicidio Sarcone e i legami mafiosi con i politici uno scoglio fatto riaffiorare dalla magistratura.
Il processo Glicine Acheronte svela intrecci tra politica e 'Ndrangheta in Calabria, Gravi accuse contro figure di spicco per reati di mafia e corruzione con politici.
La proposta di accorpare al processo per l'omicidio di Salvatore Sarcone i reati di mafia legati alla cosca di Papanice, guidata da Domenico “Mico” Megna, accusato di essere il mandante del delitto, segna un punto cruciale nel complesso quadro del processo "Glicine Acheronte". Questo procedimento, già in corso davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro, mira a concentrare in un unico processo tutti i reati connessi, lasciando al Tribunale di Crotone il compito di occuparsi dei reati contro la pubblica amministrazione e quelli ambientali.
L'accorpamento evidenzia quanto le dinamiche di potere e i crimini di stampo mafioso siano intrecciati in un’unica rete. Concentrando i procedimenti, si punta a far emergere con maggiore chiarezza le responsabilità all'interno di un sistema che non ha lasciato nulla al caso, intrecciando violenza e gestione illecita del potere.
Operazione “Glicine”: Un terremoto politico e criminale
Il giugno 2023 segna un altro momento chiave con l’operazione “Glicine”, che ha fatto luce su un vasto sistema di connivenze tra politica, imprenditoria e criminalità organizzata. Questa inchiesta, frutto di indagini serrate, ha coinvolto ben 129 persone e portato all’emissione di 43 misure cautelari, con accuse che spaziano dalla corruzione alla gestione illecita di appalti pubblici, fino ai crimini di stampo mafioso.
Tra gli imputati, non mancano nomi di rilievo della politica e dell’imprenditoria calabrese. L’elenco include personalità come l’ex presidente della Regione Calabria Mario Oliverio, Antonella Stasi (già presidente facente funzione della Regione Calabria), e l’ex assessore comunale Sabrina Gentile. A questi si aggiungono Enzo Sculco, fondatore del movimento politico “I Demokratici”, e importanti imprenditori calabresi come i fratelli Giovanni e Raffaele Vrenna.
Un sistema radicato: politica e mafia a braccetto
Le rivelazioni dell’operazione “Glicine” mostrano come il sistema politico fosse spesso funzionale agli interessi delle cosche. Appalti pilotati, favori personali e connivenze istituzionali non erano l’eccezione, ma la regola. Politici e imprenditori, invece di agire per il bene pubblico, sembrano aver lavorato al servizio di un sistema criminale che soffoca lo sviluppo del territorio, in cambio di potere e profitti personali.
Concentrarsi sui reati connessi a un unico processo, come proposto, sarebbe un primo passo per affrontare la complessità del sistema mafioso calabrese, mettendo sotto i riflettori i legami occulti tra chi doveva tutelare il bene pubblico e chi, invece, perseguiva interessi criminali.
L'accusa
Non è più tempo di ambiguità o di giustificazioni. Le accuse mosse in questo processo non parlano solo di reati isolati, ma di un sistema radicato e consolidato che ha trasformato la Calabria in un laboratorio di collusioni mafiose e politiche. Gli inquirenti puntano il dito contro l’arroganza di una classe dirigente che, invece di combattere la mafia, sembrava spesso agire come sua alleata.
E ora? La Calabria aspetta giustizia
La domanda che sorge spontanea è se questo processo porterà finalmente alla resa dei conti o se si tradurrà nell'ennesimo capitolo di accuse rimaste impunite. Gli imputati di alto profilo, le accuse pesanti e i legami con le cosche rendono il processo "Glicine Acheronte" un banco di prova cruciale per la giustizia italiana. Tuttavia, come sempre, il vero prezzo è stato pagato dai cittadini calabresi, che continuano a vivere le conseguenze di un sistema di potere corrotto e colluso.