Migliaia di lavoratori e studenti hanno lasciato in massa il nord, prevalentemente la Lombardia. Dopo la fuga di notizia da Palazzo Chigi, avvenuta nella serata di ieri, della chiusura delle zone rosse si è scatenato l’esodo di migliaia di meridionali che hanno preso letteralmente d’assalto treni e autobus per tornare al sud dalle loro famiglie. E’ chiaro che la paura è davvero tanta e il desiderio di andar via da luoghi ad altissima densità di rischio è potente, ma questa migrazione incontrollata, Dio solo sa quanto potrebbe essere devastante per il sud, che non è assolutamente attrezzato per gestire una situazione di emergenza legata ad i contagi da coronavirus. Sconsideratezza, superficialità, totale mancanza di responsabilità nei confronti di se stessi, delle proprie famiglie e della propria terra, tutte possibilità. Noi però con questo articolo vi raccontiamo l’esempio di chi con grande intelligenza e coraggio è rimasto al nord, precisamente a Milano. Parliamo di Lorenzo 40 anni calabrese, che insieme alla sua compagna e sua figlia di soli 5 mesi ha deciso di non tornare.

“Stiamo vivendo la situazione con tranquillità, sebbene stiamo seguendo le prescrizioni dettate dall’Istituto Superiore della Sanità e dal Ministero della Salute. Usciamo poco, per fare la spesa o per fare una passeggiata al parco, frequentiamo posti all’aperto, approfittando delle belle giornate, ma sostanzialmente siamo tranquilli, non viviamo la cosa con grandi patemi d’animo e credo sia un sentimento abbastanza condiviso dagli altri cittadini della regione” -  ci spiega Lorenzo raggiunto dalla nostra redazione telefonicamente.

“Il mio nucleo familiare è composto dal sottoscritto, dalla mia compagna  e di una bambina piccola, mia figlia, di appena 5 mesi. In un primo momento, venuto fuori il focolaio in provincia di Lodi ho sentito per un attimo la voglia di scappare via, perché è una cosa che non conosci e non sai che potrebbe succedere, quando non conosci un fenomeno lo temi. Poi pian piano, capendo la situazione, studiando ci siamo resi conto che non era necessario perché non ci sono i leoni per strada che ti minacciano di morte, inoltre, non lo trovavamo neppure corretto da un punto di vista civico, perché scendere giù ed infettare i nonni, gli altri cittadini, compaesani sembrava veramente una cosa inopportuna e poi qui ci sono le strutture sanitarie migliori e non possiamo negare questo, altrimenti non ci spiegheremmo tutto questo turismo sanitario, e quindi nel caso in cu dovesse essere necessario un intervento sanitario siamo più tranquilli”  - continua a spiegarci Lorenzo con estrema pacatezza.

“ Io faccio appello al senso civico che il nostro Paese dovrebbe avere. In questa situazione non possiamo pensare solo a noi, dobbiamo cercare di fare squadra e lavorare tutti insieme, perché solo se tutti quanti ci comportiamo in maniera corretta riusciamo a superare questa emergenza da coronavirus. Si parla tanto di sovranismo, di nazionalismo, molti calabresi hanno riscoperto questo senso patriottico improvviso e molti si affidano a fantomatici santoni della politica che pensano di risolvere tutto con l’orgoglio nazionale ecco questo orgoglio nazionale fatelo vedere proprio ora. Dimostrateci che ci tenete alla Patria e non solo al vostro orticello facendo sfoggio del peggior familismo amorale, facciamoci vedere uniti e comportarci in modo tale da poter tutti stare bene”. Questo è il racconto di un giovane calabrese che vive a Milano che ha avuto il coraggio ed il rispetto di stare lontano dalla sua terra in un momento davvero drammatico.