Italia: Raggiunte le 500.000 firme per l’abolizione della caccia
Perché il tuo cane lo accarezzi, mentre la volpe la spari in faccia? E’ questa la domanda posta dagli attivisti del Comitato Si Aboliamo la Caccia, che da luglio di quest’anno hanno indotto la raccolta firme necessaria alla validazione del referendum per rendere illegale questa pratica. Un’iniziativa non nuova, che riemerge dopo quasi trent’anni e a cui, come riporta il sito del comitato, “mai nessuno ha pensato di rimettere mano”. Sono bastati tre mesi per rendere concreta quella che per molti è una vera e propria battaglia civile: dal testo referendario fino al reclutamento di attivisti pronti a scendere in piazza per raccogliere quanti più consensi possibili. Ad oggi, a pochi giorni dallo scadere del termine, è stato raggiunto il quorum di oltre mezzo milione di firme, e se ne richiedono ulteriori 100.000 al fine di supplire quelle che verranno annullate. Una partecipazione così attiva non può non evidenziare quanto sia comune l’opinione che, quella della caccia, sia un’attività “cruenta e radicata in vecchie tradizioni” e che, pertanto, “debba essere soppressa” poiché, come viene inserito nella prima nota dello Statuto del Comitato: “oggi più che mai, è eticamente inaccettabile uccidere per divertimento”. Un “divertimento” che, tra l’altro, sottolineano gli attivisti, non è solo privo di fondamenti etici per la salvaguardia della fauna del territorio, ma limiterebbe la sicurezza delle stesse persone che non possono muoversi liberamente in determinate zone, poiché segnalate dalla presenza di cacciatori armati. Il sito del Comitato, infatti, riporta dei dati specifici in merito a questi danni: nella stagione venatoria dell’anno 2019/2020, vi sono state 91 vittime umane di cui 27 morti e 64 feriti. “Abbiamo dovuto lavorare solo tramite il passaparola e le cose si sono complicate” asserisce il presidente del Comitato, Tony Curcio, che spiega che l’ultimo passo avverrà il 30 ottobre, giorno in cui dovranno essere depositate le firme e validate dalla Cassazione. “La speranza è che il voto sia fissato per la prossima primavera” continua Curcio, augurandosi che la concomitanza con gli altri referendum possa facilitare il numero di votanti e, quindi, di approvazioni. Una battaglia che cammina di pari passo con l’evoluzione della cultura dei nostri tempi che non rimane più indifferente alla violenza sui più deboli, dando così voce a chi non può parlare.