Coronavirus: test per tutti, gli esperti sono divisi
Il caso di Vo', in Veneto, con la sua scelta di fare il tampone a tutta la popolazione sta dando risultati positivi, ma gli esperti sono divisi fra chi condivide la scelta della cittadina e chi ritiene corretto fare il tampone
solo a chi ha i sintomi della malattia da coronavirus.
Difende la scelta delle autorità sanitarie italiane il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità (Iss), Silvio
Brusaferro: "siamo inseriti in un contesto internazionale e abbiamo una continua collaborazione con l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il fatto che altri Paesi europei adottino nostre stesse misure - ha detto - dà anche la dimensione che è estremamente importante essere coordinati in questo senso. Il
parere del comitato tecnico scientifico è quello espresso a livello internazionale".
Favorevole al modello Veneto è invece Susanna Esposito, presidente dell'Associazione mondiale per le malattie infettive e disordini immunologici (Wadid), che suggerisce di "utilizzare parte dei fondi per ampliare la rete dei laboratori che devono analizzare i test". Anche per l'infettivologo Massimo Galli, dell'Ospedale Sacco e dell'Università Statale di Milano, bisogna estendere i tamponi a persone con sintomi lievi e a quelle
venute a contatto con i malati, pur se non presentano sintomi.
L'obiezione principale è che la scelta di non fare il tampone a tutti non permette di avere un quadro completo della situazione epidemiologica né di capire quante siano le persone asintomatiche. Una ricerca basata su dati relativi a 468 casi in 18 province cinesi indica che il coronavirus può essere trasmesso da persone asintomatiche in circa il 12% dei casi. I dati, pubblicati sul sito MedRxiv, sono stati analizzati dalle
università cinesi di Pechino e Dalian Minzu, dall'Università di Hong Kong e da quella americana del Texas ad Austin.
Sono cifre che non esistono per l'Italia, dove "siamo molto lontani dall'avere una visione reale della situazione", ha osservato il fisico Enzo Molinari, dell'Università Sapienza di Roma. "Naturalmente - ha aggiunto - fare i tamponi richiede della risorse, ma potrebbe darci una comprensione maggiore nel
numero complessivo delle infezioni". In Corea del Sud, dove questi dati sono stati raccolti, "è stato possibile avere un quadro dettagliato: questo ha aiutato moltissimo e ha permesso di allentare le misure di quarantena". Al momento, quindi, è solo possibile fare una stima e questa indica che "il numero dei
positivi è sottostimato e che andrebbe moltiplicato almeno per 5", secondo i calcoli che derivano dal confronto con la Corea all'inizio dell'epidemia.