Armi, estorsioni, ricettazione di beni e truffe: l'alveo della cosca 'ndranghetistica emiliana degli Arabia
Capo del gruppo legato a faida di 'ndrangheta del 2003 che portò all’omicidio di suo fratello a Steccato di Cutro

Ampia disponibilità di armi, estorsioni, truffe, nonché ricettazione di beni provento di furti a ditte di autotrasporto, commessi al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa. Questo quanto si operava all'interno dell’alveo della cosca ‘ndranghetistica emiliana, del gruppo mafioso denominato ‘Arabia’, sgominato da un'operazione condotta dalla squadra mobile della questura di Reggio Emilia, con l’ausilio del servizio centrale operativo e della squadra mobile di Bologna e Crotone, unitamente a militari della guardia di finanza reggiana, dando esecuzione a 19 perquisizioni nelle province di Reggio Emilia, Parma, Crotone, nel cui contesto saranno eseguite 5 misure cautelari personali in carcere. L’operazione, denominata “Ten”, è il risultato di un’articolata inchiesta condotta dalla Dda di Bologna, coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica, Beatrice Ronchi. Le indagini hanno portato alla luce l’attività di un’organizzazione ‘ndranghetista operante in Emilia Romagna, con epicentro a Reggio Emilia, soffermando gli approfondimenti investigativi sull’esistenza del gruppo mafioso ‘Arabia’
Capo del gruppo legato a faida del 2003 a Steccato di Cutro
Il capo del gruppo, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa e legato a una faida di ‘ndrangheta che nel 2003 portò all’omicidio di suo fratello a Steccato di Cutro, ha continuato a operare con metodi mafiosi, imponendo la propria volontà attraverso intimidazioni e atti violenti. L’organizzazione disponeva anche di armi, nascoste grazie alla complicità di sodali. Durante le indagini, un fucile è stato sequestrato all’interno di un gommone, abilmente occultato in un camion, a insaputa del trasportatore.
Le frodi fiscali e il sequestro preventivo
Parallelamente, l’indagine economico-finanziaria, svolta con il supporto della Guardia di Finanza di Reggio Emilia, ha permesso di ricostruire un sofisticato sistema di frodi fiscali. Il sodalizio emetteva fatture per operazioni inesistenti per un totale di oltre 1,8 milioni di euro, coinvolgendo 12 società principali. Queste operazioni illecite hanno garantito alla rete criminale profitti illeciti pari a 326.435 euro, somma sottoposta a sequestro preventivo disposto dal GIP e attuato congiuntamente dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia di Stato.
Sedi aziendali perquisite e indagini in corso
Oltre all’arresto dei cinque indagati, l’operazione ha portato alla perquisizione delle sedi di sei società ritenute coinvolte nel sistema di frode fiscale. Le autorità continuano a raccogliere elementi probatori per ricostruire nei dettagli il meccanismo illegale e individuare eventuali ulteriori responsabilità.