Discarica abusiva Scala Coeli
Discarica abusiva Scala Coeli

I Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico (NOE) di Catanzaro, con il supporto dei militari del Comando Provinciale di Cosenza, hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Castrovillari su richiesta della Procura della Repubblica. Il provvedimento, emesso il 29 ottobre scorso, ha portato al sequestro della discarica per rifiuti speciali non pericolosi di Scala Coeli, in relazione a gravi ipotesi di reato ambientale.

Le misure cautelari e le accuse

Il GIP ha applicato il divieto temporaneo di esercitare l’attività di ingegnere, per una durata di dodici mesi, al Direttore dei Lavori responsabile della realizzazione del secondo invaso della discarica. Allo stesso è contestato, in via provvisoria, il concorso nel reato di disastro ambientale, ai sensi dell’art. 452-quater del Codice Penale. Parallelamente, è stata disposta la sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio nei confronti di un funzionario dell’ARPA Calabria, accusato di rifiuto di atti di ufficio (art. 328, comma 1, c.p.).

Il ruolo del Direttore dei Lavori

Le indagini preliminari hanno evidenziato gravi indizi di colpevolezza nei confronti del Direttore dei Lavori. Secondo gli inquirenti, questi avrebbe concorso con altri soggetti, tra cui l’amministratore della società titolare della discarica, i due amministratori della società esecutrice dei lavori e l’amministratore della società che ha realizzato l’impermeabilizzazione dell’invaso, per installare una tubazione non autorizzata. La tubazione, di 60 cm di diametro e oltre 60 metri di lunghezza, era posizionata nella parte inferiore dell’invaso. Non prevista dal progetto né autorizzata dalla Regione Calabria, la struttura avrebbe permesso al percolato di fluire all’esterno dell’argine artificiale. Il Direttore, oltre a non segnalare tale anomalia agli enti competenti, avrebbe certificato la corretta esecuzione dei lavori, circostanza ritenuta falsa dai magistrati.

Il coinvolgimento del funzionario ARPA Calabria

Il funzionario dell’ARPA Calabria è accusato di non aver adempiuto ai propri obblighi durante un’ispezione effettuata il 2 gennaio 2023. In quell’occasione, avrebbe rilevato la presenza di circa 40 cm di percolato sul fondo del secondo invaso della discarica, una quantità incompatibile con le prescrizioni contenute nel provvedimento autorizzativo A.I.A. D.D.G. n. 14284 del 20 novembre 2019. Tale disposizione imponeva la completa rimozione del percolato al di sopra del sistema di impermeabilizzazione. Nonostante questa rilevazione, il funzionario non avrebbe redatto un verbale dettagliato né comunicato la violazione alle autorità amministrative e giudiziarie competenti, come previsto dalla legge. Questa presunta omissione costituisce la base dell’accusa di rifiuto di atti di ufficio.

La gravità degli indizi

Il quadro emerso dalle indagini evidenzia, a livello di gravità indiziaria, un presunto comportamento doloso e coordinato tra i principali soggetti coinvolti. Il Direttore dei Lavori avrebbe operato in concerto con i vertici delle società coinvolte per eludere le normative ambientali e permettere lo smaltimento irregolare del percolato, a scapito dell’ecosistema locale. Allo stesso modo, l’inerzia del funzionario ARPA Calabria avrebbe contribuito a rendere possibile il perdurare delle violazioni.

La gestione del percolato e i rischi ambientali

Al centro delle accuse c’è la gestione del percolato, un liquido altamente contaminante prodotto dalla decomposizione dei rifiuti. La tubazione non autorizzata avrebbe consentito la fuoriuscita del percolato dall’invaso, mettendo a rischio il suolo, le falde acquifere e l’ambiente circostante. L’omessa segnalazione di questa anomalia avrebbe aggravato una situazione già critica. La presenza di percolato non rimosso, accertata durante l’ispezione del 2023, rappresenta una violazione grave delle normative ambientali, che impongono un rigoroso monitoraggio e smaltimento dei liquidi generati dalle discariche. 

Il contesto normativo e gli obblighi disattesi

Il caso della discarica di Scala Coeli evidenzia il mancato rispetto delle prescrizioni contenute nell’Autorizzazione Integrata Ambientale (A.I.A.), strumento essenziale per garantire una gestione sostenibile delle discariche. Il provvedimento A.I.A. n. 14284 del 2019 prevedeva misure stringenti per la gestione del percolato, che tuttavia sarebbero state disattese dai responsabili della discarica. Parallelamente, il mancato intervento del funzionario ARPA ha fatto emergere carenze nei meccanismi di controllo, sollevando interrogativi sulla capacità delle istituzioni di vigilare efficacemente sulle attività potenzialmente dannose per l’ambiente.

Le implicazioni giudiziarie

Il procedimento si trova attualmente nella fase delle indagini preliminari. Questo implica che gli indagati sono ritenuti, al momento, gravemente indiziati per i reati contestati, ma la loro posizione sarà definitivamente valutata solo dopo un processo e l’emissione di una sentenza definitiva. In ossequio al principio di presunzione di innocenza sancito dalla Costituzione, gli indagati devono essere considerati non colpevoli fino a prova contraria. 

Le prossime fasi dell’inchiesta

Gli inquirenti proseguiranno con gli accertamenti per verificare le responsabilità e il ruolo di ciascun indagato nel presunto disastro ambientale. Le indagini si concentreranno sull’analisi dei materiali sequestrati e sulla ricostruzione dettagliata degli eventi, al fine di fornire un quadro completo ai giudici. In parallelo, le autorità competenti dovranno valutare misure per garantire la messa in sicurezza della discarica e prevenire ulteriori danni ambientali.

La reazione della comunità locale

Il sequestro della discarica ha suscitato preoccupazione tra i cittadini e le associazioni ambientaliste, che da anni denunciano le criticità legate alla gestione dei rifiuti nella regione. La Calabria, come molte altre regioni italiane, affronta sfide significative nel garantire una gestione sostenibile e trasparente dei rifiuti, in un contesto spesso caratterizzato da inefficienze e scandali. Le organizzazioni ambientaliste chiedono maggiore trasparenza nelle operazioni di smaltimento e un rafforzamento dei controlli, affinché episodi simili non si ripetano.

Il principio di precauzione e il rispetto dell’ambiente

Questo caso pone in evidenza l’importanza del principio di precauzione nella gestione dei rifiuti. La tutela dell’ambiente non è solo un obbligo legale, ma un dovere morale verso le future generazioni. Gli episodi di presunto disastro ambientale, come quello di Scala Coeli, evidenziano l’urgenza di adottare politiche più rigorose e strumenti di controllo più efficaci. Il caso della discarica di Scala Coeli rappresenta un campanello d’allarme per le autorità e la società civile. L’inchiesta in corso potrà contribuire a fare luce su presunte irregolarità e responsabilità, ma sarà fondamentale rafforzare le politiche ambientali e migliorare i meccanismi di controllo e trasparenza per prevenire ulteriori danni. L’attenzione dovrà ora concentrarsi sulla messa in sicurezza del sito e sul rispetto delle normative ambientali, per garantire la protezione del territorio e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.