A Natale porta la tradizione a tavola: genuina, buona e per le tasche di tutti
Optare per i piatti della tradizione calabrese significa restituire al cenone il suo valore autentico
In un’epoca in cui la tavola natalizia rischia di trasformarsi in una sfida all’opulenza, diventa sempre più urgente riscoprire il valore autentico dei piatti della tradizione. Tornare a una cucina che valorizzi materie prime locali, come il pesce azzurro fresco e gli ortaggi di stagione, significa non solo rendere omaggio alle proprie radici culturali, ma anche portare in tavola pietanze più sane, sostenibili e rispettose dell’ambiente.
Al contrario, cedere alla tentazione di riempire la tavola con prodotti decongelati di provenienza incerta, spesso trasportati da luoghi lontani, per il solo desiderio di ostentare "ricchezza", non solo svilisce il significato profondo del cenone, ma compromette anche la qualità e la sicurezza alimentare di ciò che si serve. E si spende tanto.
Il cenone calabrese
Il cenone calabrese è un esempio emblematico di come la tradizione gastronomica possa raccontare storia, simboli e identità. Tradizionalmente, il menù comprende 13 portate, un numero che richiama il momento simbolico dell'Ultima Cena di Gesù con i 12 apostoli. In alcune aree dello Ionio cosentino, però, le portate si riducono a nove, in omaggio ai mesi di una gravidanza, sottolineando ancora una volta il valore simbolico che si intreccia con il cibo.
Tra i primi piatti, spiccano gli spaghetti ammuddricati, conditi con mollica di pane abbrustolita e sarde o alici salate, un piatto semplice e ricco di sapore che riflette la cucina di una volta, fatta di ingredienti poveri ma genuini. Oggi, accanto a questa preparazione, troviamo varianti moderne, come gli spaghetti alle vongole o ai frutti di mare, che pur mantenendo il pesce al centro rispettano lo spirito della tradizione. In alcune aree, invece, la pasta veniva preparata con le trippicelle dello stoccafisso, una variante locale che aggiunge una sfumatura territoriale al cenone.
Il pesce è il cuore del cenone calabrese
Tra i secondi piatti si trovano ricette come il baccalà in umido, spesso arricchito con peperoni cruschi, olive e capperi, o il baccalà fritto, accompagnato dai peperoni secchi. Nel Reggino, invece, è lo stoccafisso a dominare la tavola. Alcune tradizioni antiche, come quella del capitone o dell’anguilla, sono ormai quasi scomparse, ma piatti come le cozze gratinate e le fritture di triglie continuano a rappresentare una presenza fissa durante le festività.
Accanto al pesce, i contorni rivestono un ruolo importante. Tra i più rappresentativi troviamo i broccoli cucinati in padella con mollica e sarde, una sorta di “frittata senza uova”, e la zucca, preparata con la stessa tecnica ma senza alici. I broccoli affucati, cotti in tegami di coccio, sono un’altra preparazione simbolo della tradizione, così come le insalate tradizionali, da quella di arance a quella di cavolfiore, spesso trasformato in frittelle, e di carote rosse. Per molte famiglie, non può mancare l’insalata russa, un piatto riservato esclusivamente al periodo natalizio.
Un trionfo di dolci tipici
Il pasto si conclude con un trionfo di dolci tipici, come i torroni di Bagnara e Cittanova, il classico torrone cosentino con arachidi, miele e zucchero, i mostaccioli, le susumelle, i turdiddri, i scaliddri, gli struffoli (o ciccitelli) e i chinuliddri, ripiene di ricotta o mostarda d’uva. Nelle aree montane, il dolce tipico è la pitta ‘mpigliata, farcita con noci, uvetta, miele, chiodi di garofano e cannella.
Per chiudere in semplicità, non mancano mai frutta secca, come i fichi imbottiti (le crocette) o impilati (le pratte), i lupini e l’immancabile finocchio, apprezzato per le sue proprietà digestive.
Restituire al cenone il suo valore autentico
Optare per i piatti della tradizione significa restituire al cenone il suo valore autentico: un momento di condivisione, di rispetto per il territorio e per la stagionalità. Scegliere materie prime genuine, locali e fresche non solo preserva la qualità del cibo, ma trasforma la tavola natalizia in una celebrazione autentica, lontana dalle logiche dell’apparenza. È un gesto di amore verso le proprie radici e verso il pianeta, un modo per dare al Natale il significato che merita. E costa anche poco.