Studenti in piazza a Cosenza, 'soldi alla scuola non a guerra'
Manifestazione conclusa con incontro in Provincia su edilizia
Anche a Cosenza si è svolta una mobilitazione di studenti, insegnanti e personale scolastico in occasione dello sciopero nazionale del settore educativo.
Circa 200 giovani hanno protestato in piazza Kennedy per denunciare le difficoltà del sistema scolastico italiano, evidenziando il progressivo abbandono del settore, con riduzioni nei fondi, carenza di strutture adeguate e la scarsa valorizzazione degli insegnanti.
I manifestanti
La richiesta comune tra i manifestanti è stata quella di un maggior investimento nella formazione, vista come un elemento fondamentale per il futuro del Paese. Inoltre, i partecipanti hanno lanciato un altro messaggio, chiedendo la fine della partecipazione italiana ai conflitti internazionali. Durante la manifestazione, è stato esposto uno striscione con il messaggio "Soldi alla scuola e non alla guerra. Palestina libera". Il corteo ha attraversato via Montesanto, causando interruzioni del traffico, per poi concludersi in piazza 15 Marzo, davanti alla sede della Provincia di Cosenza, dove una delegazione di studenti ha avuto un incontro con il delegato all'edilizia scolastica.
“Palestina Libera”
Il riferimento a "Palestina libera" nello striscione del corteo non è casuale. In un contesto di protesta per la scuola, i manifestanti non si limitano a chiedere risorse per l'istruzione, ma collegano direttamente la questione del diritto all'educazione con quella della libertà e della giustizia internazionale. La scelta di fare questo appello, in un momento in cui il sistema educativo italiano è messo sotto pressione, riflette una visione più ampia di solidarietà e di critica alle priorità politiche ed economiche del governo.
Quando si parla di "soldi alla scuola e non alla guerra", i manifestanti stanno puntando il dito contro un sistema che spesso destina risorse a conflitti internazionali invece di investire nella formazione dei giovani. La Palestina, in questo caso, diventa un simbolo di oppressione e ingiustizia, e i manifestanti vogliono sottolineare che se il nostro Paese è disposto a impegnarsi militarmente all'estero, dovrebbe almeno essere altrettanto impegnato a garantire un futuro di pace e prosperità ai propri giovani attraverso l'educazione.
Questo tipo di connessione tra il diritto all'istruzione e la giustizia globale non è nuova, ma riflette un senso di disillusione crescente verso le scelte politiche che non sembrano affrontare le reali priorità sociali. In fondo, chiedere "Palestina libera" in un contesto di protesta per la scuola non è solo un appello alla giustizia per un altro popolo, ma una critica feroce a un sistema che continua a ignorare le vere esigenze della propria gente.