Gabriele in braccio alla mamma nella corsia dell’ospedale
Gabriele in braccio alla mamma nella corsia dell’ospedale

PALMI – Una tragedia senza fine. Il piccolo Gabriele, appena iscritto in un asilo privato di Palmi dai suoi genitori Laura e Giuseppe, è diventato protagonista di un episodio che lascia sgomenti per la sua crudeltà e per le negligenze emerse. Tutto ha avuto inizio il 2 dicembre 2021, una giornata che mamma e papà ricordano come il momento in cui la loro vita è cambiata per sempre.

Quel giorno, come ogni mattina, Giuseppe accompagna Gabriele all’asilo, affidandolo con fiducia alle maestre. Ma alle 14:00 arriva una telefonata. "Il proprietario della struttura mi ha chiamato, dicendomi solo di andare lì, senza spiegarmi il motivo. Non mi ha detto nulla di quello che era successo al mio bambino". Una volta arrivato, Giuseppe si è trovato davanti una scena sconvolgente: suo figlio era in una "maschera di sangue".

60 morsi su tutto il corpo: "Era una tortura"

Gabriele, un bambino indifeso, è stato lasciato solo in una stanza per un tempo che una delle maestre ha definito "nemmeno 40 secondi". Ma in quei pochi istanti, il piccolo ha subito un'aggressione inimmaginabile: oltre 60 morsi su tutto il corpo, segni profondi che raccontano una violenza inspiegabile.

Gabriele nella corsia dell’ospedale prima della diagnosi. 

La mamma Laura non riesce a trattenere le lacrime mentre ricorda quei momenti: "Ho trovato mio figlio con il corpo devastato da morsi. Siamo corsi subito in ospedale, dove i medici ci hanno detto che aveva riportato anche un trauma cranico. Non riesco a credere che tutto questo sia accaduto in un luogo che avrebbe dovuto essere sicuro".

Il volto bruciato da una crema alcolica

Come se non bastassero i morsi e le ferite, Laura e Giuseppe hanno scoperto che le maestre hanno tentato di "rimediare" applicando sul piccolo una crema a base alcolica, peggiorando ulteriormente la situazione. "Gli hanno bruciato il viso con quella crema, invece di aiutarlo hanno solo causato più dolore", denuncia la mamma disperata.

Un silenzio inaccettabile e registrazioni cancellate

Alla devastazione fisica del bambino si aggiunge l’indignazione per come i responsabili della struttura hanno gestito la situazione. "Non ci hanno mai detto la verità. Nessuno ci ha avvisati di cosa era successo veramente. Mi hanno solo detto di andare lì, senza menzionare i morsi o le ferite", racconta Giuseppe.

Ma c’è di più: l’asilo, scelto dai genitori proprio perché dotato di telecamere di sorveglianza, si è rivelato tutt’altro che trasparente. Il proprietario della struttura avrebbe cancellato le registrazioni delle telecamere, rendendo ancora più difficile ricostruire i fatti. Solo grazie all’intervento della polizia è stato possibile recuperare alcuni frammenti video da una chiavetta USB, ma questo non è bastato a evitare la chiusura del caso.

Il dolore di una denuncia ignorata

Qualche giorno fa, Laura ha scelto di raccontare tutto attraverso una diretta sui social. La sua voce rotta dal pianto ha scosso il web: "La nostra denuncia non è servita a nulla. Il caso è stato chiuso e nessuno ci ha dato giustizia. Come è possibile che nessuno paghi per quello che è successo a Gabriele?".

I genitori sono devastati, ma determinati a non arrendersi. "Abbiamo iscritto nostro figlio in quell’asilo proprio per le telecamere. Pensavamo fosse un posto sicuro, ma ci siamo ritrovati di fronte a menzogne, silenzi e ingiustizie. Vogliamo giustizia per nostro figlio, vogliamo che nessun altro bambino debba mai passare quello che ha subito Gabriele".

La richiesta di giustizia

La vicenda di Gabriele non è solo una storia di dolore familiare, ma un atto d’accusa contro un sistema che ha fallito nel proteggere un bambino. Come può un piccolo essere lasciato incustodito al punto da subire una simile aggressione? Perché nessuno ha avvisato i genitori in modo chiaro e tempestivo? E perché le registrazioni delle telecamere, che avrebbero potuto far luce sulla vicenda, sono state cancellate?

Mamma Laura e papà Giuseppe non smetteranno di lottare per ottenere risposte. Per loro, questa non è solo una battaglia per Gabriele, ma per tutti i bambini che ogni giorno vengono affidati a strutture che devono essere luoghi di protezione, non di orrore.