Cinque persone sono finite in manette in unʼoperazione antimafia che ha colpito il clan di Sciacca. Antonello Nicosia da anni era impegnato in battaglie per i diritti dei detenuti. Definiva il boss Matteo Messina Denaro "il nostro primo ministro". Non sapendo di essere intercettato, Antonello Nicosia, l'esponente Radicale fermato per associazione mafiosa, parlava della Primula rossa di Cosa nostra come del suo premier. Al telefono discuteva animatamente del padrino di Castelvetrano. E invitava il suo interlocutore a  parlare con cautela di Messina Denaro. "Non devi parlare a matula (a vanvera, ndr)", diceva. Nelle stesse intercettazioni Nicosia rivolgeva insulti pesantissimi a Giovanni Falcone, la cui morte viene definita "incidente sul lavoro" e che "da quando era andato al ministero della Giustizia più che il magistrato faceva il politico". Intercettato per mesi dal Ros e dal Gico della Finanza, parlando al telefono, dava giudizi sprezzanti sul giudice ucciso dalla mafia a Capaci nel 1992.  Accursio Dimino fedelissimo di Messina Denaro - Ma oltre a Nicosia è finito in cella anche Accursio Dimino. Scarcerato nel 2016 dopo due condanne per associazione mafiosa interamente scontate, appena uscito di galera era tornato al suo posto al vertice della famiglia mafiosa di Sciacca. Boss di "fede" corleonese, 61 anni, è un amico fedele della famiglia del latitante Matteo Messina Denaro. L'accusa per lui è associazione mafiosa. Appena lasciata la cella è tornato a essere pedinato e intercettato dalle forze dell'ordine che in tre anni di indagine hanno accertato come non avesse perso nulla del suo ruolo di capo.