Sequestro Cristina Mazzotti, morto l'imputato reggino Giuseppe Morabito
Morabito è considerato uno degli ideatori del sequestro della diciottenne Cristina prelevata sul cancello della casa di famiglia a Eupilio nel 1975
Giuseppe Morabito, 80 anni, nato ad Africo ma residente a Tradate, nel Varesotto, imputato al processo in corso davanti alla corte d'Assise di Como nei confronti dei presunti mandanti del rapimento di Cristina Mazzotti, è morto alla fine dello scorso mese di novembre.
Considerato uno degli ideatori del sequestro della diciottenne Cristina prelevata sul cancello della casa di famiglia a Eupilio (Como) il 30 giugno del 1975 e ritrovata morta il primo settembre successivo nella discarica di Galliate, in provincia di Novara, Morabito avrebbe dovuto presenziare oggi a una nuova udienza alla quale i suoi difensori si sono presentati notificando un certificato di morte. Toccherà ora alla corte d'Assise valutare l'eventuale estinzione delle contestazioni per morte dell'imputato.
Chi era Giuseppe Morabito
Morabito era a giudizio assieme a Demetrio Latella, 70 anni, indagato e poi imputato sulla scorta di una impronta repertata all'epoca del rapimento ma rimasta priva di attribuzione fino al 2006, a Giuseppe Calabrò, 74 anni, detto "u'dutturicchiu", e ad Antonio Talia, 73, ritenuti tutti a vario titolo implicati nel sequestro.
Il processo di primo grado si era concluso a Novara il 7 maggio 1977 con tredici condanne di cui otto ergastoli a custodi, centralinisti, ricattatori e complici della banda. Cristina Mazzotti era figlia di Elios Mazzotti, imprenditore del ramo cerealicolo titolare della ditta "Mazzotti e C."
Il sequestro di Cristina Mazzotti
Cristina Mazzotti, nata a Losanna il 22 giugno 1957, era una studentessa milanese figlia dell'imprenditore Elios Mazzotti, attivo nel settore cerealicolo. Il 1° luglio 1975, all'età di 18 anni, fu rapita mentre rientrava a casa con amici a Eupilio, in provincia di Como. Il suo sequestro rappresentò uno dei primi casi di rapimento di una donna nel Nord Italia, segnando profondamente l'opinione pubblica dell'epoca.
Durante la prigionia, Cristina fu tenuta in condizioni disumane: rinchiusa in una buca scavata nel terreno, con l'aria che le giungeva attraverso un tubicino di plastica di pochi centimetri di diametro. Per sopportare tali condizioni, le venivano somministrate elevate dosi di sedativi. Nonostante il pagamento di un riscatto di oltre un miliardo di lire, il suo corpo senza vita fu ritrovato il 1° settembre 1975 in una discarica a Varallino di Galliate, in provincia di Novara.